CIAO BERLUSCONI CIAO (e si ritorni alla secessione).

Sicché Berlusconi ufficializza il suo prossimo addio, se non alla politica, almeno alla leadership del Centrodestra. Se l’aspettavano (e lo speravano) un po’ tutti e insomma, alla fine, la notizia è arrivata: “Non sarò più il candidato Premier nel 2013. A 77 anni non posso fare il Presidente del Consiglio”.

Lancia Alfano come prossimo candidato Premier e, come molte altre volte in passato, Gianni Letta alla Presidenza della Repubblica – alla quale, difficilmente arriverà (mentre Alfano Presidente del Consiglio non lo sarà di sicuro) – mentre  non risparmia, anzi, molla di sua sponte bordate pesanti a Tremonti (“Si crede un genietto ed è l’unico a non fare gioco di squadra”).

Insomma, dopo lo stesso Tremonti che sbeffeggia Brunetta in conferenza stampa, il “Giallo Mondadori” (la norma “salva-Fininvest”), una manovra che pare non piacere a nessuno e mille altre figuracce dell’ultimo periodo, è proprio da dire che ci saranno sì (beh, forse) ancora due anni di Governo Berlusconi… Ma siamo già alla frutta.

Lo si è già da un anno e mezzo? Beh, in fin dei conti sì. Si sperava sempre in un rilancio e i più ottimisti sperano ancora, tra i quali il sottoscritto, che ancora confida nella spinta leghista ufficializzata a Pontida (i 12 punti, tra i quali: riforma costituzionale con Senato Federale e riduzione dei parlamentari, piena attuazione del federalismo fiscale e revisione del Patto di Stabilità per i comuni virtuosi)… Ma ogni rilancio sembra sempre più improbabile.

Il fatto è che tutti stanno pensando al dopo-Berlusconi, o comunque alle prossime elezioni, se non ancora a un possibile governo senza il Cavaliere già in questa legislatura. Beh, bene o male quello a cui si pensa da almeno un anno e mezzo a questa parte… Solo che ora la cosa diventa ufficiale anche nel Centrodestra.

E così Berlusconi lancia Alfano. Ma la Lega lo sosterrà? Sarà tutto da vedere. Perché Alfano è pur sempre siciliano, e cioè legato a doppio filo al meridionalismo, così si fa sempre più corpo l’idea di una Lega che correrà da sola, come ai vecchi gloriosi (ma –ahimè – sostanzialmente infruttuosi) tempi. D’altronde, da Pontida in poi, il partito di Bossi si mostra sempre più distaccato dal Pdl e Berlusconi (vedi il veto sul decreto rifiuti di Napoli, il mancato sostegno a Papa e la pretesa del ritiro della norma “salva-Fininvest”).

Cosa spera il sottoscritto? Che in mancanza di possibilità di tornare al governo, e ormai totalmente conscia che in Italia nulla si potrà mai cambiare veramente, ritorni la Lega secessionista. D’altronde, complice anche la prossima probabile speculazione finanziaria che ci colpirà (già oggi abbiamo avuto un chiaro segnale) e che rischierà di farci finire come la Grecia, e quindi aldilà delle ovvie ragioni storico-politiche, la secessione non è un mero sogno… è una necessità.

LA “SALVA-FININVEST”? ISTANZA LEGITTIMA (ma è stato meglio ritirarla).

Farò l’avvocato del Diavolo. Mi spiegate, aldilà della (grave) inopportunità di metterla nella manovra economica, cosa c’era di vergognoso nella cosiddetta norma “salva-Fininvest”?

La questione è abbastanza complicata ma cominciamo, intanto, col dire che non avrebbe “salvato” nessuno, perché si sarebbe trattato di rinvio (e non annullamento) a definitiva sentenza di Cassazione del pagamento di un risarcimento eventualmente confermato in appello.

Passo indietro: il contesto riguarda il risarcimento di 750 milioni che la Fininvest di Berlusconi è stata condannata in primo grado a pagare alla Cir di De Benedetti (vedi Lodo Mondadori – causa civile) e per la quale, come detto, si attende la sentenza d’appello e la conseguente probabile richiesta d’esame in Cassazione.

Andiamo ora alle radici della questione. A differenza di quello penale, il diritto civile prevede la provvisoria esecuzione della sentenza di condanna già in primo grado e la sua sospensione solo su facoltà del giudice secondo determinate ragioni (art. 282 e art. 283 del Codice di Procedura Civile).

Perché questa differenza con l’ambito penale? A quanto pare, perché essendo le misure di condanna civili meno gravi di quelle penali (che possono riguardare l’incarcerazione, ossia la privazione della libertà personale) si vuole venire incontro più alla parte richiedente (per esempio, il creditore di un debito) affinché possa avere accesso subito al risarcimento, che al convenuto (per esempio, il debitore giudicato tale in primo grado), dati i tempi lunghi del processo civile.

La “salva-Fininvest” inseriva l’automaticità di sospensione dell’esecutività della sentenza di condanna (che perciò non sarebbe più stata soggetta a decisione del giudice secondo il succitato art. 283 c.p.c.) fino all’ultimo grado di giudizio per risarcimenti superiori a 20 milioni di euro (10 in primo grado) e questo effettivamente appare discutibile, in quanto il diritto vale per tutti o per nessuno.

Discutibile, comunque, non vergognoso. Aldilà dell’evidente ragione della norma (venire incontro a un’esigenza del Premier), infatti, la negatività della sua essenza è tutta da verificare. Insomma, ci sarebbe da riflettere e non da stracciarsi le vesti, perché effettivamente, trattandosi di cifre tali, si parla pur sempre di colpo mortale a un’azienda, cosa che potrebbe far rivedere i concetti di esecuzione diretta della condanna e facoltà del giudice senza doversi scandalizzare.

Si badi bene, non sostengo convintamente la norma, perché appunto richiede un’attenta riflessione e al momento non posso essere convinto di nulla, ma sostengo certamente la sua legittimità, almeno sotto forma di proposta di legge.

Dal lato politico, comunque, contando anche sul fatto che tale norma pare essere comparsa, così dal nulla, solo dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri, all’insaputa di tutti (tranne che di Berlusconi, evidentemente), ha fatto bene la Lega a pretenderne il ritiro dal documento della manovra economica, perché appunto si trattava di giustizia e non certo di economia.

Le vere ragioni, però, sono altre, ossia politiche. Da Pontida in poi, infatti, il partito di Bossi non può più permettersi di far ingoiare rospi al proprio elettorato, dato che qualsiasi legge nata da un’esigenza del Premier, pur se condivisibile o almeno legittima come in questo caso, passa per “legge ad-personam”, e per questa ragione ingiusta.

Doveroso, dunque, ritirare il comma “incriminato”. Ma la questione richiede attenta riflessione, senza pregiudizi di sorta.

RIFIUTI TOSSICI DAL NORD? SE LI VENIVA A PRENDERE LA CAMORRA (e la camorra è napoletana).

La replica più frequente di napoletani, savianensi e vendoliani alla sacrosanta pretesa dei cittadini del Nord di non essere invasi dall’immondizia napoletana è che “il Nord ha riempito le discariche della Campania di rifiuti tossici”. Argomentazione certamente d’impatto… Ma che fa acqua da tutte le parti.

A parte che:

1. è risaputo quanto il problema dei rifiuti in Campania sia dovuto solo in minima parte a questo, essendoci in quella regione un solo termovalorizzatore a fronte di una raccolta differenziata (almeno per quanto riguarda Napoli) praticamente inesistente;

2. ognuno di noi sa perfettamente quale sia il senso civico dell’italiano medio da Roma in giù in materia di smaltimento dei rifiuti (basta guardare ai lati delle strade);

3. il presunto quanto infondato “debito” del Nord è già stato ampiamente ripianato con gli interventi governativi (cioè a carico della collettività) e delle Regioni che negli ultimi anni si sono sobbarcate l’onere di smaltire i rifiuti di una Napoli in eterna emergenza

…E sebbene 3 aziende venete siano state effettivamente condannate per sversamento illegale di rifiuti tossici in Campania (presupponendo, perciò, una loro responsabilità), non si può certo incolpare il Nord di aver inquinato la Campania semplicemente perché alcune sue industrie si affidarono ad aziende di smaltimento campane che offrivano prezzi altamente concorrenziali e che i rifiuti venivano a prenderseli per lucrare, mica se li trovavano in casa per decreto ministeriale…

I famosi rifiuti tossici del Nord furono portati in Campania non da Zaia o Calderoli, ma dalla camorra che aveva (e molto probabilmente ha tuttora) in mano il business delle ecomafie. Praticamente, le aziende di smaltimento (pagate dalle industrie e non dallo Stato come sarebbe per il trasporto dell’immondizia dalla Campania all’esterno dei suoi confini) dovevano smaltire i rifiuti in discariche apposite per eliminarne la tossicità… Ma non lo facevano, devastando intere aree vergini campane.

Adesso, non so a voi, ma a me hanno sempre detto che la camorra è napoletana… O mi sbaglio?

 

 

PRESIDENTE, LA MONNEZZA NAPOLETANA IN VENETO, MAI!

Prepariamoci, i rifiuti di Napoli dovremo mangiarceli noi. Come sempre. La vergogna continuerà a perpetrarsi, per volere del Napolitano, che ha già sollecitato il Governo a intervenire e a chiedere alle Regioni di farsi carico della STRAMALEDETTA monnezza napulitana, frutto della stramaledetta napoletanità.

Perciò sappiamo chi dovremo ringraziare.

Poche parole oggi, in questo blog: la Lega (che ha già stoppato 2 volte il decreto in Consiglio dei Ministri ma che ora dovrà scontrarsi col Presidente della Repubblica) non dovrà permetterlo. Zaia non dovrà permetterlo.

La monnezza in Veneto, MAI.

 

 

 

L’INCONSISTENTE USCITA DI MARONI (sulla Nato che dovrebbe bloccare i barconi di profughi).

Con tutta la stima che ho di Roberto Maroni… L’ultima sulle navi della Nato che dovrebbero bloccare, oltre che le merci in ingresso (ciò che già fanno), anche i barconi di immigrati in uscita dalla Libia, pare proprio essere un’inconsistente quanto inopportuna sortita pre-Pontida dal mero valore politico, più che una fattibile proposta.

Perché certamente la Nato non si assumerebbe mai la responsabilità di fermare quelli che, in fin dei conti, sono profughi (anche se non solo) di guerra tutelati da precisi accordi internazionali.

Non che la proposta di Maroni sia del tutto sbagliata, quanto al merito, d’altronde i profughi provenienti dalla Libia sono mandati apposta da Gheddafi che li usa come arma contro l’Italia, rea, secondo lui, di averlo tradito. Perciò potrebbe trattarsi di una (seppur “sui generis”) temporanea azione militare di difesa.  Ma appunto la fattibilità (che non è sinonimo di giustizia) appare minima se non nulla.

Insomma, certo, i barconi che arrivano dalla Libia non sono pieni solo di profughi di guerra, bensì anche di clandestini di altri Paesi e, con tutta la delicatezza che l’argomento impone, si possono, almeno in parte, anche definire “armi” (pregasi leggere il termine senza pregiudiziale indignazione), e dalle armi, qualunque esse siano, ci si deve difendere.

Tra l’altro,  l‘Onu potrebbe costruire campi profughi nella Libia “liberata” (posto dove, appunto, le navi della Nato potrebbero portare i profughi dei barconi)…  Ma allo stato attuale questa è fantapolitica (che non è sinonimo di sciocchezza).

Maroni ha parlato in veste di Ministro… Ma il suo è un discorso da esponente politico di un partito, la Lega, che sta cercando di recuperare quella parte di consenso che ha perso alle ultime amministrative.

C’è da chiedersi se non avrebbe fatto meglio delegare la proposta a un non-ministro… Che ne so, al capogruppo alla Camera…

 

 

 

CANALE 150 (sul patriottismo fasullo di Antenna 3 e il più insulso degli anniversari).

Basta, non se ne può più. Tutte le sere il solito servizio sull’esposizione del Tricolore e sui 150 anni dell’Unità… Antenna 3 Nordest, con il suo YouTg Unità d’Italia, ha rotto. Basta, per favore, risparmiateci questo patriottismo fasullo, questa logora retorica patriottarda, questo inno di (F)ameli(ci) sparato a tutto volume, questa bandiera riproposta in tutte le salse. Ci manca solo che vi facciate spostare le frequenze sul canale 150 del digitale terrestre.

A chi sperava che la Rai fosse abbastanza, la brutta notizia era arrivata già a inizio anno, se non alla fine dello scorso: anche la trevigiana Antenna 3 (ma forse proprio perché trevigiana, quindi “più in dovere” degli altri di dimostrare il proprio patriottismo di ricorrenza per non essere accusata di eresia leghista) si unisce al coro degli “italianisti” da strapazzo, quelli che si ricordano dell’Italia solo alle partite e devono inventarsi un insulso anniversario per “farla pagare” a chi pensa che un Paese che dopo 150 anni di unità non è ancora unito, forse (forse, eh?) era meglio non unirlo.

150 anni. Centocinquant’anni!!! Ma si è mai visto un anniversario più assurdo? Non 100, non 200… 150! Robe da matti.

Più di un anno (hanno cominciato nel 2010 perché non sapevano come spendere inutili quattrini) di festeggiamenti inventati così, senza un motivo reale se non quello di contrastare chi l’unità non l’ha mai digerita (sì, stiamo parlando della Lega).

Inutile dire che, se non ci fosse la Lega, questo centocinquantesimo dell’unità d’Italia non si celebrerebbe, semplicemente perché non lo sente davvero nessuno e appunto perché ogni logica di anniversario lo escluderebbe.

Ma questa è l’ItaliaFesteggiatela pure, io non ci riesco.

 

P.S.: Sì, ho messo la foto di Melita Toniolo solo per catturare la vostra attenzione.

 

 

INTERROGAZIONI SCONCLUSIONATE (la lingua italiana, questa sconosciuta).

A quelli del PD non dev’essere proprio andato giù il rifiuto bossiano di far cadere Berlusconi per far passare il federalismo. È sempre la solita storia: la Lega e i suoi voti, come i suoi parlamentari, fanno comodo a tutti, perciò quando può servire viene incensata e corteggiata (come Bersani qualche settimana fa), quando invece non si presta al giochetto… Giù di tutto.

Certo, Bossi se le va sempre a cercare (e lui si diverte un casino) e le sue proverbiali sparate, pur avendo tutte le carte in regola per non fare più notizia, ormai, la notizia la fanno sempre.

Oggi parliamo delle famigerate armi che lo stesso Bossi avrebbe chiesto a Gheddafi, all’epoca della secessione. Si tratta dell’ultimo delirio del Colonnello al quale il Ministro per le Riforme ha risposto nel seguente modo: «Ma vi pare. Per fortuna abbiamo tantissimi uomini e le armi si fanno in Lombardia».

La frase è naturalmente discutibile e sicuramente, come molte altre volte, Bossi avrebbe potuto risparmiarsela… Ma il punto non è questo (ché tanto già ci penseranno in molti – i soliti – a versare fiumi d’inchiostro). Il punto è che Ettore Rosato, membro dell’Ufficio di presidenza del gruppo del PD alla Camera, annuncia un’interrogazione al Ministro della Difesa, con questa motivazione: «Il governo spieghi le parole gravi di un suo esponente: Umberto Bossi ha infatti sostenuto di non aver alcun bisogno di chiedere aiuto a Gheddafi per la secessione della Padania visto che la Lega dispone di tantissimi uomini e armi, tra l’altro prodotte in Lombardia».

Evidentemente, Ettore Rosato deve aver problemi con la lingua italiana e la sua comprensione. Bossi, infatti, non ha detto di avere armi, bensì tanti uomini (e che la Lega abbia parecchi voti e sia capace di mobilitare migliaia di persone – proprio come il PD – è risaputo), aggiungendo che le armi si fanno in Lombardia (cosa altrettanto risaputa). Insomma: se proprio avesse avuto bisogno di armi (cosa ipotetica ed evidentemente iperbolica), di certo non le avrebbe chieste a Gheddafi, visto che si producono in Lombardia.

C’è da chiedersi se quelli del PD abbiano proprio così tanto tempo da perdere per chiedere inutili e sconclusionate interrogazioni parlamentari. Ma forse (forse, eh?), oltre a far firmare a Lenin e Superman insulse richieste di dimissioni di Berlusconi , è l’unica cosa che sanno fare.

FEDERALISMO MUNICIPALE, FINALMENTE (luci e ombre di una giusta legge).

E così il federalismo municipale è legge. Inutile dire che si tratta di una rivoluzione fiscale senza precedenti che trasforma completamente il modo in cui i comuni si finanzieranno (e si auto-finanzieranno). Non si tratta certo del compimento della grande riforma federale (che, certo, di veramente federale ha poco, il federalismo è ben altra cosa), poiché, come dice Bossi, il bello deve ancora venire (federalismo fiscale regionale e provinciale)… Ma in ogni caso un altro tassello è stato messo al proprio posto.

Si alzeranno le tasse? Tema controverso. La possibilità di alzare l’addizionale comunale Irpef fino a un massimo dello 0,4% (per arrivare – credo ma non ne sono sicuro – allo 0,9%, poiché il massimo attuale è 0,5%), l’introduzione della “tassa di scopo” per finanziare eventuali opere all’interno del comune e della tassa di soggiorno (fino a un massimo di 5 euro a notte) per i turisti di città capoluogo, città d’arte e comuni turistici inducono a pensare di sì.

In realtà, il calcolo non è così semplice, poiché, sebbene la tassa di soggiorno sembri essere obbligatoria ed effettivamente abbastanza odiosa – pur lasciando la facoltà di chiedere anche solo 1 euro (per esempio) e non 5 – le prime 2 imposte saranno facoltative (e andrà da sé che i sindaci che le vorranno attuare ne risponderanno di fronte ai propri cittadini, i quali appunto sapranno se rieleggerli oppure no).

Facile la replica: “I comuni sono troppo alle strette per permettersi il lusso di non applicare gli aumenti” ma c’è da considerare che la riforma prevede la compartecipazione al 50% degli stessi comuni nelle (inasprite) sanzioni sull’evasione fiscale sui redditi da locazione (cioè sugli immobili e sugli affitti), cosa che li renderà interessati a far emergere i cosiddetti “immobili fantasma”. E questo cosa significa, in parole povere? Che i comuni potranno evitare di alzare l’addizionale Irpef e recuperare denaro con una più efficiente lotta all’evasione.

Un’altra buona notizia, poi, riguarda la nuova tassazione sugli affitti (la cosiddetta cedolare secca) ai proprietari che prevederà un’aliquota unica del 21% (e non dunque, com’è adesso, quella del proprio scaglione Irpef che, a seconda del reddito, è 23%, 27%, 38%, 41% o 43%). Si calcola che ne guadagneranno in tanti (tutti coloro che dichiarano un reddito superiore ai 15.000 euro annui), mentre non ci perderà nessuno, anche perché chi vorrà – nel caso gli convenga, è ovvio – potrà scegliere di continuare a pagare secondo la logica attuale.

Tutto questo non basterà? Probabile. Ma è qui che entrano in campo i famosi “costi standard”: i trasferimenti dello Stato centrale agli enti locali si baseranno su un massimo di spesa che questi potranno permettersi (cioè: se il comune X deve comprare una penna, non potrà spendere più di quanto non spenda il “comune virtuoso” Y, altrimenti si arrangia, lo Stato non pagherà la differenza). In questo modo, finalmente, gli enti locali saranno responsabilizzati, così da finirla una volta per tutte con gli sprechi prontamente ripianati dallo Stato, e cioè da Pantalone.

E allora? E allora, a quel punto, le spese statali diminuiranno e finalmente le tasse nazionali (l’Irpef, per esempio) potranno calare (oltre ad avere benefici sul debito pubblico).

Certo, tutto questo sarà da vedere… Perciò, “aumento sì” o “aumento no” – anzi, “meno tasse per tutti”? Difficile a dirsi, la materia è molto complicata e ci vorranno anni prima che vada a regime. Tutto questo per dire che ora come ora non si può essere né assolutamente entusiasti, né tragicamente pessimisti, come già a Sinistra (ovviamente) sono.

La cosa importante e positiva, comunque, è che finalmente si comincerà ad avere un fisco più giusto e federale (nel senso che ogni comune avrà una buona fonte di auto-finanziamento con, di conseguenza, maggiore coinvolgimento politico-economico), oltre che una strabenedetta responsabilizzazione degli enti locali, con la (speriamo) fine di molti sprechi.

Bossi dice che è una buona legge. Forse, più che buona, è sostanzialmente giusta. Insomma, non sarà la manna dal Cielo… Ma ricordiamoci, siamo pur sempre nella (stramaledetta) Italia.

QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE RADIO PADANIA (sulla mancata diretta di Lucia Annunziata).

Chissà se a Radio Padania Libera saranno contenti che si parli di loro in un articolo dal titolo in romanesco… Ma si tratta del libro di Carlo Emilio Gadda (Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana, 1957). E i pasticci, a quanto pare, non si fanno solo a Roma, bensì anche a Milano (e infatti Gadda era milanese).

Ieri: In ½ ora di Lucia Annunziata deve andare in onda in diretta dagli studi di Radio Padania Libera a Milano. Così però non è. Dopo 3 giorni di contatti tra Rai e RPL, collaborazioni e tutto quello che ci vuole, alle 10 Lucia Annunziata riceve la doccia fredda: la diretta concordata non si fa più.

La trasmissione dovrebbe mandare in onda le telefonate degli ascoltatori chiamati a esprimersi in merito agli ultimi fatti di attualità politica (senza alcun filtro, come da sempre fa l’emittente – cosa peraltro discutibile)… Ma Matteo Salvini, consigliere comunale a Milano, europarlamentare e responsabile di RPL, fa improvvisamente marcia indietro e nega la diretta. Candidamente dichiara che in questo momento caratterizzato da passaggi delicati in Parlamento, la diretta è inopportuna e la Lega Nord ha deciso di evitare strumentalizzazioni.

Viva la sincerità: Salvini non si nasconde dietro un dito e ammette che il partito non vuol far sentire quegli umori presumibilmente incazzati dei propri sostenitori, dato che si sta barcamenando nella tempesta romana mentre cerca di non irritare Napolitano, paradossalmente uno dei più vicini, in questo momento, alla Lega e al federalismo.

Lucia Annunziata, giustamente, ci resta male e pur cercando, nella sua indiscussa professionalità, di limitare la polemica, alla fine “nun gne a fa ppiù” e pontifica“Che cosa succede dentro la Lega? Perché temono le opinioni a briglia sciolta dei loro elettori su una tv nazionale? Lega fatti avanti: non ti puoi permettere di censurare i tuoi stessi votanti!”.

Da buona sinistroide non manca di dare lezioni agli altri e dire loro cosa fare e in che modo, motivo per il quale potrebbe risparmiarsi tali parole… Ma aldilà di questo, il punto viene centrato: la Lega si è resa protagonista di un vero e proprio “pasticciaccio brutto”.

Salvini non è scemo e da buon leghista sa benissimo che le parole dei militanti possono essere strumentalizzate (d’altronde, lo scopo dell’Annunziata era chiaramente questo: “dimostrare” strumentalmente una spaccatura all’interno della Lega e perciò della maggioranza e bla bla bla)… Perciò non si capisce perché si sia prestato al giochetto, perdipiù dandosi la mazza sui piedi; avrebbe potuto negare la diretta fin da principio e basta, senza fare questa figuraccia.

Beh, ma forse si capisce: anche questo appare come il sintomo di un certo “doppio sentimento” all’interno del partito: chi porta pazienza e ingurgita bocconi amari pur di far passare il federalismo e chi invece non vede l’ora di “far sentire” gli incazzati.

In ogni caso, i microfoni rimangono spenti.

Forse perché nella Lega non c’è democrazia? Bella scoperta. Che la Lega Nord sia un partito “leninista” è cosa risaputa… E in fin dei conti è la sua forza. Il più delle volte riesce a lavare i panni sporchi in casa ma in alcuni casi non ce la fa proprio, rivelando il lato necessariamente illiberale di un partito che “tappa la bocca” ai “dissidenti”, o comunque tace le difficoltà.

Ma dopo tutto un partito è fatto di militanti e dirigenza. Chi l’ha detto che deve essere democratico al suo interno? Le linee politiche le detta la dirigenza, anzi, il Segretario (che nella Lega è sinonimo unico di Bossi), mica i militanti.

L’Annunziata vorrebbe un partito in balìa degli umori della militanza e dei cento capetti… Ma non c’è già un PD?