FEDERALISMO MUNICIPALE, FINALMENTE (luci e ombre di una giusta legge).

E così il federalismo municipale è legge. Inutile dire che si tratta di una rivoluzione fiscale senza precedenti che trasforma completamente il modo in cui i comuni si finanzieranno (e si auto-finanzieranno). Non si tratta certo del compimento della grande riforma federale (che, certo, di veramente federale ha poco, il federalismo è ben altra cosa), poiché, come dice Bossi, il bello deve ancora venire (federalismo fiscale regionale e provinciale)… Ma in ogni caso un altro tassello è stato messo al proprio posto.

Si alzeranno le tasse? Tema controverso. La possibilità di alzare l’addizionale comunale Irpef fino a un massimo dello 0,4% (per arrivare – credo ma non ne sono sicuro – allo 0,9%, poiché il massimo attuale è 0,5%), l’introduzione della “tassa di scopo” per finanziare eventuali opere all’interno del comune e della tassa di soggiorno (fino a un massimo di 5 euro a notte) per i turisti di città capoluogo, città d’arte e comuni turistici inducono a pensare di sì.

In realtà, il calcolo non è così semplice, poiché, sebbene la tassa di soggiorno sembri essere obbligatoria ed effettivamente abbastanza odiosa – pur lasciando la facoltà di chiedere anche solo 1 euro (per esempio) e non 5 – le prime 2 imposte saranno facoltative (e andrà da sé che i sindaci che le vorranno attuare ne risponderanno di fronte ai propri cittadini, i quali appunto sapranno se rieleggerli oppure no).

Facile la replica: “I comuni sono troppo alle strette per permettersi il lusso di non applicare gli aumenti” ma c’è da considerare che la riforma prevede la compartecipazione al 50% degli stessi comuni nelle (inasprite) sanzioni sull’evasione fiscale sui redditi da locazione (cioè sugli immobili e sugli affitti), cosa che li renderà interessati a far emergere i cosiddetti “immobili fantasma”. E questo cosa significa, in parole povere? Che i comuni potranno evitare di alzare l’addizionale Irpef e recuperare denaro con una più efficiente lotta all’evasione.

Un’altra buona notizia, poi, riguarda la nuova tassazione sugli affitti (la cosiddetta cedolare secca) ai proprietari che prevederà un’aliquota unica del 21% (e non dunque, com’è adesso, quella del proprio scaglione Irpef che, a seconda del reddito, è 23%, 27%, 38%, 41% o 43%). Si calcola che ne guadagneranno in tanti (tutti coloro che dichiarano un reddito superiore ai 15.000 euro annui), mentre non ci perderà nessuno, anche perché chi vorrà – nel caso gli convenga, è ovvio – potrà scegliere di continuare a pagare secondo la logica attuale.

Tutto questo non basterà? Probabile. Ma è qui che entrano in campo i famosi “costi standard”: i trasferimenti dello Stato centrale agli enti locali si baseranno su un massimo di spesa che questi potranno permettersi (cioè: se il comune X deve comprare una penna, non potrà spendere più di quanto non spenda il “comune virtuoso” Y, altrimenti si arrangia, lo Stato non pagherà la differenza). In questo modo, finalmente, gli enti locali saranno responsabilizzati, così da finirla una volta per tutte con gli sprechi prontamente ripianati dallo Stato, e cioè da Pantalone.

E allora? E allora, a quel punto, le spese statali diminuiranno e finalmente le tasse nazionali (l’Irpef, per esempio) potranno calare (oltre ad avere benefici sul debito pubblico).

Certo, tutto questo sarà da vedere… Perciò, “aumento sì” o “aumento no” – anzi, “meno tasse per tutti”? Difficile a dirsi, la materia è molto complicata e ci vorranno anni prima che vada a regime. Tutto questo per dire che ora come ora non si può essere né assolutamente entusiasti, né tragicamente pessimisti, come già a Sinistra (ovviamente) sono.

La cosa importante e positiva, comunque, è che finalmente si comincerà ad avere un fisco più giusto e federale (nel senso che ogni comune avrà una buona fonte di auto-finanziamento con, di conseguenza, maggiore coinvolgimento politico-economico), oltre che una strabenedetta responsabilizzazione degli enti locali, con la (speriamo) fine di molti sprechi.

Bossi dice che è una buona legge. Forse, più che buona, è sostanzialmente giusta. Insomma, non sarà la manna dal Cielo… Ma ricordiamoci, siamo pur sempre nella (stramaledetta) Italia.

DAI CHE CE LA FAI (verso il 6 aprile).

Ci sarebbe molto da scrivere… Ma scrivere cosa? Cose evidenti che perciò risulta inutile ribadire: Berlusconi verrà processato il 6 aprile, giudicato da un collegio di tre donne (che non vuol dire niente… ma appare alquanto suggestivo), condannato (secondo il Gip la prova è “evidente” – ma se non fosse stata tale non sarebbe stato rinviato a giudizio immediato, condizione sine qua non per concederlo), dimissionato… E quindi (si spera) si andrà a elezioni.

Il PD si è già mosso per tempo, elemosinando un’alleanza con la Lega, indispensabile a tutti per prendere voti e governare, offrendole il Federalismo (ma non c’era un federalismo da votare, 2 settimane fa? E perché il PD aveva votato “No”?).

Oggi Bersani rilascia un’intervista-sviolinata – “che nemmeno D’Alema” – a La Padania; domenica Maroni era ospite a “Che tempo che fa” da Fazio (non credo di aver mai visto, lì, un ospite che non fosse di Sinistra o comunque, almeno in un momento contingente, “anti” o in disaccordo con il Governo); qualche giorno fa Napolitano minacciava di sciogliere le Camere… non si sa in base a cosa (ma il Governo non ha ancora una maggioranza?).

Insomma, siamo alla frutta, in un Paese immobile che non cambia mai, schiavo di mille interessi diversi, senza competitività, perennemente impaludato, ostaggio di partiti nazionali che per forza di cose s’impelagheranno sempre nel peggiore meridionalismo assistenzialista

Un Paese in cui l’arroganza e l’ipocrisia sinistroide si auto-assurgono a sola vera “cultura”, mentre il Pdl è il più eloquente esempio di teatrino di marionette napoletane e Fini esalta la sua nullità.

Un Paese che perde tempo a ciarlare su 150 anni di unità nazionale di una nazione inesistente.

A quando una sana rivoluzione secessionista? Quando ci si (democraticamente) sveglierà?

TUTTO CHIARO (sulla non approvazione del federalismo municipale).

Com’era ampiamente previsto, il Terzo Polo, simbolicamente impersonato da Mario Baldassarri, finiano, che era decisivo per l’approvazione o meno del testo, ha votato contro, così il federalismo fiscale municipale non è passato.

15 a 15, ossia pareggio. Questo significa che il parere della Bicameralina non è favorevole… E ora “vediamo” cosa succederà, come dichiara Umberto Bossi.

La lunga mattinata era iniziata con un colloquio di qualche decina di minuti tra lo stesso Bossi e Fini (da soli, senza altri presenti… Chissà cosa si son detti) ma a quanto pare, il Senatur non è riuscito a ottenere nulla (che si possa sapere).

In ogni caso, la questione è chiara: PD, Idv e Terzo Polo hanno voluto dare un valore meramente politico al voto per puro opportunismo (assestare un colpo mortale a Berlusconi), fregandosene degli interessi dei cittadini, dichiarandosi contrari a un testo ampiamente condivisibile che andava incontro, come poche volte (forse mai) si è visto nella politica italiana, alle loro stesse istanze e a quelle dei Comuni (capeggiati da Chiamparino, PD).

Se ne dovranno assumere la responsabilità.

15 a 15. ELEZIONI SUBITO O NO?

Così domani si vota, parliamo di federalismo fiscale. 3 febbraio, giorno della verità. La commissione bicamerale apposita, formata da 30 parlamentari e presieduta da La Loggia (Pdl), si esprimerà sul decreto attuativo che riguarda l’autonomia impositiva comunale.

La Lega, col Ministro Calderoli, cerca ancora la mediazione e cioè la possibilità che almeno un esponente dell’opposizione voti a favore (pare scontato che la Svp, che pure non fa parte della maggioranza, si esprimerà positivamente) ma tutto porta a pensare che si palesi il pareggio: 15 a 15.

Nulla di nuovo, in verità, lo abbiamo già detto più volte. La novità sta nel fatto che la non promozione del federalismo (dato che non sarebbe una vera e propria bocciatura) potrebbe non voler più dire “elezioni anticipate” (come fino a ieri ha sempre dichiarato la Lega), bensì “continuazione in Consiglio dei Ministri o in Parlamento”, poiché la Commissione ha solo un potere consultivo.

Ma a quel punto cosa succederà? Azzardiamo una previsione:  niente elezioni, appunto, dunque nessuna possibilità di far ricadere la responsabilità della mancata approvazione del Federalismo sull’opposizione (cosa che per altro sarebbe inconfutabile) e perciò tutto il tempo, per quest’ultima, di gridare alle “forzature del Governo che non ascolta l’opposizione e i comuni”, all’antidemocrazia governativa e al ricatto leghista… Per poi far partire una potente propaganda mistificatoria come fu per il referendum sulla Devolution del 2006. Alla fine, Sinistra, meridionalisti e democristiani, con il loro enorme potere cultural-mediatico trasformerebbero il federalismo in Male Assoluto.

Fin qua, pazienza. Molti, però, ci cascheranno. Ancora pazienza.

La cosa grave è che, proverbialmente tonti come sono, ci cascheranno molti al Nord (già convinti che ci sarà un aumento delle tasse), con tanti saluti al consenso popolare, per l’ennesimo trionfo della furbizia meridional-democristiana.

Vale la pena creare le condizioni affinché questo accada?

ALDILÀ DELLE CIANCE (sul federalismo fiscale).

Che sia la settimana decisiva? Il 2 febbraio, a detta di molti, si preannuncia come il giorno della verità. E non per il caso Ruby e le fregnacce al seguito, quanto per il destino del Federalismo e più precisamente del decreto attuativo del federalismo (fiscale) municipale.

È un argomento che appassiona poco, in confronto ai festini di Arcore, eppure pare essere l’unica cosa seria di cui si occupa la politica, in questo periodo. Ma probabilmente appassiona poco proprio perché è una cosa seria. Dopo tutto, è inutile raccontarsela, il gossip piccante e lo scontro a suon di chiacchiere e insulti appassiona sempre, come il circo di romana memoria, come il calcio al Bar Sport, come le zuffe tra donne.

Giovedì Annozero toccava il fondo divulgando il cellulare di Berlusconi; due giorni dopo, Libero si vendicava con la pubblicazione di quello di Santoro (grande contro-scorrettezza… Ma che goduria!); ieri sera Porta a Porta era un baillame e il capogruppo dell’Idv Donadi, apprendendo dall’ANSA che Nadia Macrì non poteva aver visto Ruby prendere soldi da Berlusconi perché non era ad Arcore gli stessi giorni della ragazza marocchina, dichiarava: “Non faremo mica un processo con le agenzie di stampa…”, dimenticandosi che è il suo sport preferito; ancora ieri sera Berlusconi interveniva telefonicamente a “L’Infedele” di Gad Lerner, spendendosi nel suo solito contrattacco difensivo e facendoci chiedere il senso di tali interventi.

Niente di nuovo sotto il sole, per carità… Ma che tristezza.

Per fortuna, comunque, le cose serie, quelle che servono, esistono ancora. Siamo tornati al Federalismo. A detta di tutti e a prescindere dall’appartenenza politica, Calderoli sta facendo un ottimo lavoro di proposizione e mediazione con l’opposizione e ora anche con l’associazione dei Comuni (Anci), cosa che fa di questa (almeno finora) l’unica riforma condivisa dal 1994  a questa parte.

Sempre che qualcuno non la butti in caciara e tatticismo politico, come da un po’ di tempo si sospetta (appello del PD alla Lega: “O fai cadere Berlusconi o niente Federalismo”. Della serie noi siamo quelli della responsabilità politica).

15 a 15: questo lo spettro che si aggira tra le aule di Montecitorio, il pareggio tra maggioranza e opposizione in Commissione Bicamerale, ovvero la bocciatura del decreto. Praticamente, il voto contrario di FLI e la dichiarazione ufficiale di becero meridionalismo anti-Lega di Fini.

Bossi lo ha già detto: o il federalismo passa o si torna al voto. Probabilmente un’eventuale crisi non sarà così automatica… In ogni caso, la questione esiste: ciascuno è libero di ciarlare delle frequentazioni di Berlusconi ma quando si parla di cose serie, si parla di cose serie.

Uomo avvisato…

PALLE, MARASMA E SPERANZA (sulla caduta del Governo)

Siamo al marasma. E i professionisti del marasma danno il meglio di sé. L’ennesimo polverone sollevato dal caso Ruby (e cioè dai magistrati che puntualmente non rispettano il segreto istruttorio), dall’infelice frase sui gay e ora, pare, anche dalle mille nuove escort sparse in tutta Italia, ha favorito una nuova ondata di sinistrorsa indignazione.

Ma di questo, sinceramente, chissenefrega. Il fatto, però, è che siamo in un’insostenibile situazione di caos. E alla fine il Governo Berlusconi cadrà.

Ma mica per Ruby, gay o le escort… Semplicemente per l’ambizione di Fini che nel weekend darà le dimissioni da Presidente della Camera e aprirà ufficiosamente la campagna elettorale (il suo nome nel neonato simbolo di Futuro e Libertà è un chiaro indizio).

Ma allora Fini farà cadere il Governo? Certo che no. Per far cadere il Governo ci vogliono le palle. E lui le palle non le ha. Non lo farà, dunque, perché non vuole prendersene la responsabilità per poi, probabilmente, venire punito dal suo (potenziale) elettorato.

Resta il fatto, però, che a gennaio il Governo cadrà. Tra le righe (ma mica tanto), qualcuno lo ha già detto: lo farà cadere. Questo qualcuno è Bossi. Toccherà a lui prendere in mano le redini della situazione: a gennaio verrà approvato il Federalismo fiscale e allora, finalmente, si porrà fine all’ormai insostenibile pagliacciata finiano-berlusconiana “ti caccio io / no, mi cacci tu”.

E allora che succede? Sarà da vedere cosa farà Napolitano: governo dei vinti o elezioni anticipate?

PD, Udc e Fini le elezioni non le vogliono, ché sanno di perdere ancora. Meglio prima riscrivere la legge elettorale per fare in modo non di vincere, perché non ci riuscirebbero mai, ma almeno di far uscire un risultato di parità tra i 3 poli che giustificherebbe un governo di “grosse koalition” in puro stile democristiano.

Eccolo qua, allora, il punto: ritorna la DC. E peggior cataclisma non potrebbe succedere.

L’unica speranza sono le elezioni anticipate e una titanica campagna elettorale che porti Bossi e Berlusconi (sempre che Berlusconi si ripresenti davvero… E il sogno proibito resta Maroni) a vincere da soli anche al Senato.

Come sognare, è bello anche sperare.

STAVOLTA SILVIO L’HA FATTA GROSSA (e sul sogno Maroni).

Che anche stavolta, come da anni oramai, si assista al solito, noioso show gossipparo su Berlusconi e le sue abitudini, basato su storie e storielle, interrogatori che dovrebbero essere segreti e invece vengono passati dalle procure ai soliti giornali (ovviamente questo non succede se gli interessati si chiamano Fini, per esempio), inchieste giornalistiche da una parte serie e dall’altra strampalate, perfetti strumenti che alimentano la morbosa curiosità dell'”Uomo Qualunque”… è evidente a tutti. E fin qui nulla di strano.

Stavolta però, al netto di ciò, c’è qualcosa di diverso dagli insulsi casi Noemi e D’Addario. Stavolta c’è il (presunto) abuso di potere: la telefonata diretta da Palazzo Chigi alla Questura di Milano per il rilascio immediato di tale Ruby, diciassettenne a caccia di fama fermata dalla Polizia nel maggio scorso, a seguito di una denuncia per furto (3000 euro) sporta dall’ex coinquilina.

È un avvenimento tutto da chiarire e infatti pare che la Questura stia già precisando che il normale procedimento (fermo e interrogatorio) non è stato in alcun modo alterato.

In ogni caso, pare anche che la telefonata ci sia stata. La cosa, dunque, richiede un adeguato approfondimento e le considerazioni del caso. Insomma, sempre se tutto verrà ufficialmente confermato, il Berlusca stavolta l’ha fatta davvero grossa. Lasciamo perdere le accuse di relazione con minorenne che non stanno né in cielo, né in terra… Parliamo di abuso di potere: non è possibile, infatti, che la Presidenza del Consiglio intervenga per far rilasciare una persona denunciata per furto. Evidentemente è una cosa grave e il Presidente del Consiglio dovrà dare spiegazioni.

Tutto ciò, secondo molti, rientra nella presunta fase di declino di Berlusconi. A dir la verità, i dati elettorali e i sondaggi fatti finora dimostrano che il consenso verso Berlusconi è ancora molto alto. Forse da oggi, però, le cose non staranno più così.

Si ripropone, allora, un discorso che ora appare più sostanziale di ieri: gli scenari post-Berlusconi e la sua successione nel Centrodestra. Sono stati fatti tanti nomi, da Fini a Tremonti, fino ad Alfano. Eliminando in partenza l’inconsistente Fini, personalmente credo (ma in realtà si tratta essenzialmente di un sogno) che la persona più giusta per guidare il Centrodestra (cioè Pdl – o meglio, quel che ne resterà una volta defilatosi Berlusconi – e la Lega), sia il ministro dell’Interno Roberto Maroni.

Maroni è oggettivamente una personalità politica (più di Tremonti, che resta pur sempre più un tecnico che un politico) di alto profilo istituzionale, pragmatica, capace e che gode di un alto gradimento del suo operato, grazie alla poderosa lotta alla Mafia che sta fruttando risultati mai visti prima, alla lotta all’immigrazione clandestina e alla tolleranza zero verso gli ultrà.

Maroni, però, è della Lega Nord e se pure ben visto in tutta Italia, difficilmente sarebbe votato aldilà del Rubicone. Un vero peccato.

In ogni caso, quando Berlusconi se ne andrà, inevitabilmente, Maroni o no, si verificherà ciò che Bossi da anni profetizza: la definitiva spaccatura tra Nord (nel quale, presumibilmente, sfonderà la Lega) e Sud (disperatamente ancorato alle sirene assistenzialiste democristiane e finiane). E allora, finalmente, nessuno potrà più rimandare il federalismo politico. Prima che si giunga (magari) alla secessione.

Ogni tanto è bello sognare.

 

 

 

PETIZIONI SCONCLUSIONATE 2 (sull’opposizione alla laurea honoris causa a Bossi).

Come anticipato ieri, oggi mi occuperò della seconda sconclusionata petizione online. Riguarda il presunto conferimento della laurea honoris causa in Comunicazione a Umberto Bossi. Così recita il testo della “nobile” causa: No alla laurea honoris causa in scienze della comunicazione a Bossi. Opponiamoci a questo ennesimo, osceno sberleffo ai danni dell’Università italiana. Seguono, poi, tra i commenti, i soliti insulti.

A parte che l’Università italiana in quanto tale non c’entra assolutamente nulla, questa “petizione” (tecnicamente, comunque, non mi pare abbia ancora assunto ufficialmente tale forma) appare evidentemente ridicola, dato che se qualche università vorrà dargli la laurea honoris causa, gliela darà liberamente, senza bisogno che si faccia un “referendum” a riguardo.

Poi, nel merito, ognuno la pensa come vuole ed è libero di farlo. Il sottoscritto, per esempio, che certo non pretende di condizionare quella fantomatica Università ma esprime una semplice opinione che vale per quello che è, crede che la meriterebbe eccome. Altri, legittimamente, senza gridare allo scandalo e all’“osceno sberleffo” e senza lanciare un appello “contro”, pensano il contrario. Ci sta.

Il cuore della questione, infatti, sta nel “modus ragionandi” radical chic basato su presunzione di superiorità, dileggio (quando non insulto), denigrazione, demonizzazione e snobistica ironia che da sempre contraddistingue molti degli aderenti a tali cause, soprattutto se riguardano Bossi e la Lega, quando non Berlusconi.

Ma vogliamo tornare al merito? Ebbene, aldilà delle simpatie politiche che si possono avere o non avere, aldilà della condivisione o meno delle idee bossiane, discettando all’interno della sola materia “comunicazione”, non basta l’evidenza di un uomo che ha creato un partito dal nulla e l’ha portato ad essere il primo in molte parti del Nord (primo in Veneto e secondo i più recenti sondaggi anche in Lombardia, attorno al 12-13% su base nazionale); non basta l’evidenza di un leader politico che col federalismo ha anticipato di 20 anni l’agenda politica italiana; non basta l’evidente innovazione della comunicazione politica che certo non è solo gestacci e parolacce ma – guardando i fatti e non le chiacchiere – soprattutto grande capacità di intercettare i bisogni reali della gente; non basta l’aver introdotto la Questione Settentrionale e aver creato un evento senza precedenti come la 3 giorni padana del 1996; non basta l’aver scardinato la tradizionale contrapposizione destra/sinistra proponendo un altro tipo di dualismo (centralismo/federalismo) e aver dato vita all’unico, ormai, vero partito popolare, lontano da ogni élite intellettualoide estranea alla realtà…

No, tutto questo non basta. Perché l’accecante presunzione di superiorità intellettuale e morale impedisce ogni qualsiasi osservazione obiettiva della realtà, lasciando spazio solamente all’esaltazione della propria forma (avendo dimenticato, ormai, ogni vago ricordo di sostanza) e alla denigrazione di quella altrui, in un’estasi di ebbro auto-compiacimento.

Fonti: http://www.causes.com/causes/513067?m=9e4cc0c7&recruiter_id=21030181