LA CASTA? SIAMO TUTTI NOI (su chi si lamenta della politica ma che grazie alla politica campa).

Capisco, naturalmente, ma fino a un certo punto, la generale indignazione per i mancati tagli alla politica.

Sì, perché 5 anni fa fummo chiamati a confermare (o bocciare –  ciò che poi successe) con un referendum una legge costituzionale già approvata dal Parlamento che tra le altre belle e sacrosante cose (Senato Federale, Devolution e maggiori poteri al premier) prevedeva anche un radicale taglio del numero dei parlamentari (la stessa riforma che in parte ora è tornata d’attualità con la presentazione, ieri, in Consiglio dei Ministri, della cosiddetta “bozza Calderoli”) e perciò dei costi della politica.

Quella fu una grandissima occasione che il popolo italiano VOLLE mancare. Sicché mi chiedo: di chi è la responsabilità?

Sì, perché l’Italia è il Paese dei privilegi, certo, dei raccomandati e delle caste… Ma è anche e soprattutto il Paese dei piagnoni, delle lamentele, delle colpe che sono sempre degli altri e di chi non si vuole mai prendere le responsabilità delle proprie azioni.

È il Paese, poi, di chi la politica la disprezza ma poi grazie alla politica campa da 60 anni, “lavorando” nei vari enti statali e locali paradiso dei fannulloni e pieni di addetti assunti in base a un rapporto clientelare. Il Paese di chi appunto disprezza la “casta” con i suoi privilegi ma guai a toccare il suo posto di lavoro inefficiente e inutile a carico della collettività (vogliamo le ricordare le centinaia di migliaia dipendenti regionali siciliani, forestali calabresi e i tanti che devono ringraziare la DC anche in Veneto? E poi i baby pensionati, i milioni di dipendenti della scuola e via dicendo…).

Il fatto è che tutti, in Italia, devono fare i conti con la coscienza, perché pochi si salvano.

 

 

RIFIUTI TOSSICI DAL NORD? SE LI VENIVA A PRENDERE LA CAMORRA (e la camorra è napoletana).

La replica più frequente di napoletani, savianensi e vendoliani alla sacrosanta pretesa dei cittadini del Nord di non essere invasi dall’immondizia napoletana è che “il Nord ha riempito le discariche della Campania di rifiuti tossici”. Argomentazione certamente d’impatto… Ma che fa acqua da tutte le parti.

A parte che:

1. è risaputo quanto il problema dei rifiuti in Campania sia dovuto solo in minima parte a questo, essendoci in quella regione un solo termovalorizzatore a fronte di una raccolta differenziata (almeno per quanto riguarda Napoli) praticamente inesistente;

2. ognuno di noi sa perfettamente quale sia il senso civico dell’italiano medio da Roma in giù in materia di smaltimento dei rifiuti (basta guardare ai lati delle strade);

3. il presunto quanto infondato “debito” del Nord è già stato ampiamente ripianato con gli interventi governativi (cioè a carico della collettività) e delle Regioni che negli ultimi anni si sono sobbarcate l’onere di smaltire i rifiuti di una Napoli in eterna emergenza

…E sebbene 3 aziende venete siano state effettivamente condannate per sversamento illegale di rifiuti tossici in Campania (presupponendo, perciò, una loro responsabilità), non si può certo incolpare il Nord di aver inquinato la Campania semplicemente perché alcune sue industrie si affidarono ad aziende di smaltimento campane che offrivano prezzi altamente concorrenziali e che i rifiuti venivano a prenderseli per lucrare, mica se li trovavano in casa per decreto ministeriale…

I famosi rifiuti tossici del Nord furono portati in Campania non da Zaia o Calderoli, ma dalla camorra che aveva (e molto probabilmente ha tuttora) in mano il business delle ecomafie. Praticamente, le aziende di smaltimento (pagate dalle industrie e non dallo Stato come sarebbe per il trasporto dell’immondizia dalla Campania all’esterno dei suoi confini) dovevano smaltire i rifiuti in discariche apposite per eliminarne la tossicità… Ma non lo facevano, devastando intere aree vergini campane.

Adesso, non so a voi, ma a me hanno sempre detto che la camorra è napoletana… O mi sbaglio?

 

 

ITALIOZIE (sull’abrogazione del decreto che annetteva il Veneto all’Italia).

L’Italia sembra il Paese delle comiche. Infinite comiche. L’ultima arriva direttamente da Venezia, in particolare dall’ex Procuratore Generale del capoluogo veneto, tale Ennio Fortuna, ora esponente dell’Udc e Veneto D.O.C. (è di Frosinone), che accusa Calderoli di aver abrogato il Regio Decreto 3300 del 4 novembre 1866 che istituiva l’annessione del Veneto al Regno d’Italia.

Gravità inaudita!

Risponde il Ministro: “Non è stato abrogato per errore, è stato abrogato perché superato dalla Costituzione che all’articolo 131 costituisce tutte le Regioni d’Italia, Veneto compreso” (tale articolo, infatti, cita espressamente le Regioni che compongono la Repubblica).

Tutto chiaro? Figurarsi. In soccorso del Fortuna arriva il compagno Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale e candidato alle ultime primarie del Centrosinistra a Milano che un contorto quanto “geniale” ragionamento dichiara: “La confusione è a monte e nasce dal modo in cui è stato concepito il decreto per tagliare le leggi. Se il Regio Decreto che annetteva il Veneto al Regno d’Italia era inutile perché superato dalla Costituzione non aveva senso abrogarlo visto che non era in contrasto con nessuna norma. Con l’abrogazione invece si solleva la questione se serva o meno. Comunque non ci saranno conseguenze”.

E meno male (beh, in verità, purtroppo) che non ci saranno conseguenze… Ma allora perché lanciare quest’insulsa polemica?

 


15 a 15. ELEZIONI SUBITO O NO?

Così domani si vota, parliamo di federalismo fiscale. 3 febbraio, giorno della verità. La commissione bicamerale apposita, formata da 30 parlamentari e presieduta da La Loggia (Pdl), si esprimerà sul decreto attuativo che riguarda l’autonomia impositiva comunale.

La Lega, col Ministro Calderoli, cerca ancora la mediazione e cioè la possibilità che almeno un esponente dell’opposizione voti a favore (pare scontato che la Svp, che pure non fa parte della maggioranza, si esprimerà positivamente) ma tutto porta a pensare che si palesi il pareggio: 15 a 15.

Nulla di nuovo, in verità, lo abbiamo già detto più volte. La novità sta nel fatto che la non promozione del federalismo (dato che non sarebbe una vera e propria bocciatura) potrebbe non voler più dire “elezioni anticipate” (come fino a ieri ha sempre dichiarato la Lega), bensì “continuazione in Consiglio dei Ministri o in Parlamento”, poiché la Commissione ha solo un potere consultivo.

Ma a quel punto cosa succederà? Azzardiamo una previsione:  niente elezioni, appunto, dunque nessuna possibilità di far ricadere la responsabilità della mancata approvazione del Federalismo sull’opposizione (cosa che per altro sarebbe inconfutabile) e perciò tutto il tempo, per quest’ultima, di gridare alle “forzature del Governo che non ascolta l’opposizione e i comuni”, all’antidemocrazia governativa e al ricatto leghista… Per poi far partire una potente propaganda mistificatoria come fu per il referendum sulla Devolution del 2006. Alla fine, Sinistra, meridionalisti e democristiani, con il loro enorme potere cultural-mediatico trasformerebbero il federalismo in Male Assoluto.

Fin qua, pazienza. Molti, però, ci cascheranno. Ancora pazienza.

La cosa grave è che, proverbialmente tonti come sono, ci cascheranno molti al Nord (già convinti che ci sarà un aumento delle tasse), con tanti saluti al consenso popolare, per l’ennesimo trionfo della furbizia meridional-democristiana.

Vale la pena creare le condizioni affinché questo accada?

ALDILÀ DELLE CIANCE (sul federalismo fiscale).

Che sia la settimana decisiva? Il 2 febbraio, a detta di molti, si preannuncia come il giorno della verità. E non per il caso Ruby e le fregnacce al seguito, quanto per il destino del Federalismo e più precisamente del decreto attuativo del federalismo (fiscale) municipale.

È un argomento che appassiona poco, in confronto ai festini di Arcore, eppure pare essere l’unica cosa seria di cui si occupa la politica, in questo periodo. Ma probabilmente appassiona poco proprio perché è una cosa seria. Dopo tutto, è inutile raccontarsela, il gossip piccante e lo scontro a suon di chiacchiere e insulti appassiona sempre, come il circo di romana memoria, come il calcio al Bar Sport, come le zuffe tra donne.

Giovedì Annozero toccava il fondo divulgando il cellulare di Berlusconi; due giorni dopo, Libero si vendicava con la pubblicazione di quello di Santoro (grande contro-scorrettezza… Ma che goduria!); ieri sera Porta a Porta era un baillame e il capogruppo dell’Idv Donadi, apprendendo dall’ANSA che Nadia Macrì non poteva aver visto Ruby prendere soldi da Berlusconi perché non era ad Arcore gli stessi giorni della ragazza marocchina, dichiarava: “Non faremo mica un processo con le agenzie di stampa…”, dimenticandosi che è il suo sport preferito; ancora ieri sera Berlusconi interveniva telefonicamente a “L’Infedele” di Gad Lerner, spendendosi nel suo solito contrattacco difensivo e facendoci chiedere il senso di tali interventi.

Niente di nuovo sotto il sole, per carità… Ma che tristezza.

Per fortuna, comunque, le cose serie, quelle che servono, esistono ancora. Siamo tornati al Federalismo. A detta di tutti e a prescindere dall’appartenenza politica, Calderoli sta facendo un ottimo lavoro di proposizione e mediazione con l’opposizione e ora anche con l’associazione dei Comuni (Anci), cosa che fa di questa (almeno finora) l’unica riforma condivisa dal 1994  a questa parte.

Sempre che qualcuno non la butti in caciara e tatticismo politico, come da un po’ di tempo si sospetta (appello del PD alla Lega: “O fai cadere Berlusconi o niente Federalismo”. Della serie noi siamo quelli della responsabilità politica).

15 a 15: questo lo spettro che si aggira tra le aule di Montecitorio, il pareggio tra maggioranza e opposizione in Commissione Bicamerale, ovvero la bocciatura del decreto. Praticamente, il voto contrario di FLI e la dichiarazione ufficiale di becero meridionalismo anti-Lega di Fini.

Bossi lo ha già detto: o il federalismo passa o si torna al voto. Probabilmente un’eventuale crisi non sarà così automatica… In ogni caso, la questione esiste: ciascuno è libero di ciarlare delle frequentazioni di Berlusconi ma quando si parla di cose serie, si parla di cose serie.

Uomo avvisato…