ITALIOZIE (sull’abrogazione del decreto che annetteva il Veneto all’Italia).

L’Italia sembra il Paese delle comiche. Infinite comiche. L’ultima arriva direttamente da Venezia, in particolare dall’ex Procuratore Generale del capoluogo veneto, tale Ennio Fortuna, ora esponente dell’Udc e Veneto D.O.C. (è di Frosinone), che accusa Calderoli di aver abrogato il Regio Decreto 3300 del 4 novembre 1866 che istituiva l’annessione del Veneto al Regno d’Italia.

Gravità inaudita!

Risponde il Ministro: “Non è stato abrogato per errore, è stato abrogato perché superato dalla Costituzione che all’articolo 131 costituisce tutte le Regioni d’Italia, Veneto compreso” (tale articolo, infatti, cita espressamente le Regioni che compongono la Repubblica).

Tutto chiaro? Figurarsi. In soccorso del Fortuna arriva il compagno Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale e candidato alle ultime primarie del Centrosinistra a Milano che un contorto quanto “geniale” ragionamento dichiara: “La confusione è a monte e nasce dal modo in cui è stato concepito il decreto per tagliare le leggi. Se il Regio Decreto che annetteva il Veneto al Regno d’Italia era inutile perché superato dalla Costituzione non aveva senso abrogarlo visto che non era in contrasto con nessuna norma. Con l’abrogazione invece si solleva la questione se serva o meno. Comunque non ci saranno conseguenze”.

E meno male (beh, in verità, purtroppo) che non ci saranno conseguenze… Ma allora perché lanciare quest’insulsa polemica?

 


314 A 311 (sulla sconfitta di Fini, i fascisti di Sinistra e la necessità del voto).

E così, alla fine, la battaglia più importante (non ancora la guerra) l’ha vinta Berlusconi. Anzi, l’ha persa Fini: è lui, infatti, il grande sconfitto e Berlusconi non può davvero dirsi vincitore, dato che in ogni caso, con 314 voti a favore, non supera nemmeno la soglia minima per avere la maggioranza assoluta di 316 voti (questo perché i deputati sono 630 e non tutti oggi hanno votato, tra assenze e astensioni).

Questo significa 2 cose: la prima, che Fini, colui che ha creato la paralisi degli ultimi mesi e tenuto l’intero Paese sotto scacco comodamente seduto sullo scranno più alto della Camera dei Deputati, esce politicamente devastato dallo scontro ed è auspicabile che si dimetta; la seconda, che Berlusconi vince sì lo scontro personale (unico motivo, in ogni caso, che sta alla base di tutta la faccenda) ma in verità, sostanzialmente, non vince niente, poiché da un minuto dopo la 38esima fiducia incassata dal 2008 a oggi, non ha comunque una maggioranza politica solida per poter governare.

Il Governo rimane in carica, dunque. Ma fino a quando?

Ora Berlusconi può sperare in un allargamento della falla creatasi in FLI con l’abbandono della barca da parte di qualche altra “colomba” che ha maldigerito il voto di sfiducia imposto da Fini… Ma in ogni caso, anche così non si potrà andare avanti.

Apertura all’UDC? Casini ha già ri-declinato l’invito e in ogni caso la Lega non lo permetterebbe mai (e ci mancherebbe altro: impossibile accettare nella maggioranza l’unico partito che ha votato contro il federalismo fiscale).

E allora? E allora si ritorna sostanzialmente da capo, solo con un Fini molto più debole di prima, non più (almeno ufficialmente) determinante. Ma si ritorna comunque da capo, ancora appesi a 1 o 2 voti ogni volta che si dovrà votare un provvedimento.

Nel frattempo, migliaia di manifestanti (studenti, centri sociali, Black Block, “precari” e sindacalisti FIOM) usano il pretesto della riforma Gelmini per “sfiduciare il Governo dal basso assediando i palazzi del potere”, come dichiarano in uno dei loro slogan. Assedio, dunque, e petardi, bombe carta, tavoli e sgabelli rubati ai bar e prontamente lanciati (da alcuni di essi) su Palazzo Madama (sede del Senato) e Palazzo Grazioli (residenza di Berlusconi), oltre che scontri di piazza con carabinieri feriti e auto date in fiamme : delle vere e proprie azioni fasciste contro le istituzioni democratiche (come ieri contro Bonanni e Bruno Vespa).

Ecco allora che una sola cosa è necessaria: indire nuove elezioni e rivolgersi democraticamente al popolo, che saprà, si spera, dare fiducia a chi vuole le riforme e spazzare via la palude democristiana meridionalista del “tutto cambi affinché nulla cambi”.

Contro i giochi di Palazzo e le squadracce fasciste di Sinistra, infatti, c’è una sola soluzione: la democrazia.

LANA CAPRINA, AMBIZIONI PERSONALI E DISEGNO CONTRO IL NORD (su Fini e la crisi).

Sicché i pronostici (o almeno il mio) non sono stati rispettati. Pare proprio che Fini abbia “avuto le palle” di aprire la crisi. Attenti, però, non ha annunciato una mozione di sfiducia. La cosa sembra questione di lana caprina ma non lo è. O almeno, di fatto lo è ma poiché il tutto rientra in una crisi che si regge totalmente su questioni di lana caprina, anche questionare di lana caprina diventa sostanziale.

Vediamo di capirci: Fini chiede le dimissioni di Berlusconi (ma… e le sue di dimissioni dalla Presidenza della Camera???) ma non annuncia una sfiducia, bensì solo che se il premier non si dovesse dimettere per far nascere non si sa che (come sempre Fini parla parla ma praticamente non dice niente), egli ritirerà la delegazione futurista dal Governo (un viceministro e qualche sottosegretario).

Ma non parla di sfiducia.  Pare, infatti, che voglia un rimpasto di Governo con (forse) Tremonti a capo per fare una nuova legge elettorale (Eh, ma quale? Anche qui non è dato sapersi… E poi, perché un mese fa votò la fiducia? Cos’è cambiato, in sostanza, da allora?).

In ogni caso, poiché Berlusconi molto probabilmente non si dimetterà, PD, IDV e UDC presenteranno una mozione di sfiducia (e quindi non direttamente Fini) che FLI voterà. Per fare che? Già lo si sa: chiedere a Napolitano di fare un governo dei vinti che prepari una nuova legge elettorale che alle ormai sicure elezioni successive (probabilmente a marzo) non dia la maggioranza a Lega e PDL nemmeno alla Camera (al Senato non ci sarebbe comunque, secondo i sondaggi), così da fare del polo centrista (FLI, UDC e MPA) il determinante, ultra-meridionalista ago della bilancia che si contrappone alla Lega.

Insomma, tutta quest’assurda crisi per un’ambizione personale di Fini e nessuna questione sostanziale, se non, in effetti, una: bloccare la Lega e il Federalismo, ovviamente a tutto vantaggio del sistema culturalmente mafioso e clientelare del Sud che vede il federalismo fiscale, con l’entrata dei costi standard (paletti oltre i quali le regioni non potranno andare nella spesa, vedi sprechi e assunzioni pubbliche in cambio di voti e potere, ultimo esempio la giunta siciliana capeggiata da Lombardo, leader dell’MPA) come fumo negli occhi.

Sorge ora una domanda spontanea: che faranno i cittadini del Nord? Sapranno finalmente rendersi conto di quest’ennesima presa in giro o continueranno a farsi mungere per mantenere un intero sistema parassitario? Noi così tonti che abbiamo sempre dato fiducia ai partiti nazionali, sapremo ribellarci?

Perché è proprio questo il punto: i partiti nazionali (tutti, PDL compreso, sia chiaro) sono per forza invischiati nelle logiche clientelari meridional-mafiose… Se non lo fossero, infatti, non potrebbero avere consenso al Sud, giacché lì tutto il sistema politico-economico si basa su quello.  Continuando a votarli, il Nord rimarrebbe eternamente vittima dell’ingiustizia meridionalista.

Insomma, la cosa è diventata finalmente evidente a tutti, a prescindere da Lega o non Lega: è giunta l’ora di svegliarci davvero e opporci con tutte le forze a questo disegno contro il Nord.

Una volta per tutte.

PALLE, MARASMA E SPERANZA (sulla caduta del Governo)

Siamo al marasma. E i professionisti del marasma danno il meglio di sé. L’ennesimo polverone sollevato dal caso Ruby (e cioè dai magistrati che puntualmente non rispettano il segreto istruttorio), dall’infelice frase sui gay e ora, pare, anche dalle mille nuove escort sparse in tutta Italia, ha favorito una nuova ondata di sinistrorsa indignazione.

Ma di questo, sinceramente, chissenefrega. Il fatto, però, è che siamo in un’insostenibile situazione di caos. E alla fine il Governo Berlusconi cadrà.

Ma mica per Ruby, gay o le escort… Semplicemente per l’ambizione di Fini che nel weekend darà le dimissioni da Presidente della Camera e aprirà ufficiosamente la campagna elettorale (il suo nome nel neonato simbolo di Futuro e Libertà è un chiaro indizio).

Ma allora Fini farà cadere il Governo? Certo che no. Per far cadere il Governo ci vogliono le palle. E lui le palle non le ha. Non lo farà, dunque, perché non vuole prendersene la responsabilità per poi, probabilmente, venire punito dal suo (potenziale) elettorato.

Resta il fatto, però, che a gennaio il Governo cadrà. Tra le righe (ma mica tanto), qualcuno lo ha già detto: lo farà cadere. Questo qualcuno è Bossi. Toccherà a lui prendere in mano le redini della situazione: a gennaio verrà approvato il Federalismo fiscale e allora, finalmente, si porrà fine all’ormai insostenibile pagliacciata finiano-berlusconiana “ti caccio io / no, mi cacci tu”.

E allora che succede? Sarà da vedere cosa farà Napolitano: governo dei vinti o elezioni anticipate?

PD, Udc e Fini le elezioni non le vogliono, ché sanno di perdere ancora. Meglio prima riscrivere la legge elettorale per fare in modo non di vincere, perché non ci riuscirebbero mai, ma almeno di far uscire un risultato di parità tra i 3 poli che giustificherebbe un governo di “grosse koalition” in puro stile democristiano.

Eccolo qua, allora, il punto: ritorna la DC. E peggior cataclisma non potrebbe succedere.

L’unica speranza sono le elezioni anticipate e una titanica campagna elettorale che porti Bossi e Berlusconi (sempre che Berlusconi si ripresenti davvero… E il sogno proibito resta Maroni) a vincere da soli anche al Senato.

Come sognare, è bello anche sperare.