LA “SALVA-FININVEST”? ISTANZA LEGITTIMA (ma è stato meglio ritirarla).

Farò l’avvocato del Diavolo. Mi spiegate, aldilà della (grave) inopportunità di metterla nella manovra economica, cosa c’era di vergognoso nella cosiddetta norma “salva-Fininvest”?

La questione è abbastanza complicata ma cominciamo, intanto, col dire che non avrebbe “salvato” nessuno, perché si sarebbe trattato di rinvio (e non annullamento) a definitiva sentenza di Cassazione del pagamento di un risarcimento eventualmente confermato in appello.

Passo indietro: il contesto riguarda il risarcimento di 750 milioni che la Fininvest di Berlusconi è stata condannata in primo grado a pagare alla Cir di De Benedetti (vedi Lodo Mondadori – causa civile) e per la quale, come detto, si attende la sentenza d’appello e la conseguente probabile richiesta d’esame in Cassazione.

Andiamo ora alle radici della questione. A differenza di quello penale, il diritto civile prevede la provvisoria esecuzione della sentenza di condanna già in primo grado e la sua sospensione solo su facoltà del giudice secondo determinate ragioni (art. 282 e art. 283 del Codice di Procedura Civile).

Perché questa differenza con l’ambito penale? A quanto pare, perché essendo le misure di condanna civili meno gravi di quelle penali (che possono riguardare l’incarcerazione, ossia la privazione della libertà personale) si vuole venire incontro più alla parte richiedente (per esempio, il creditore di un debito) affinché possa avere accesso subito al risarcimento, che al convenuto (per esempio, il debitore giudicato tale in primo grado), dati i tempi lunghi del processo civile.

La “salva-Fininvest” inseriva l’automaticità di sospensione dell’esecutività della sentenza di condanna (che perciò non sarebbe più stata soggetta a decisione del giudice secondo il succitato art. 283 c.p.c.) fino all’ultimo grado di giudizio per risarcimenti superiori a 20 milioni di euro (10 in primo grado) e questo effettivamente appare discutibile, in quanto il diritto vale per tutti o per nessuno.

Discutibile, comunque, non vergognoso. Aldilà dell’evidente ragione della norma (venire incontro a un’esigenza del Premier), infatti, la negatività della sua essenza è tutta da verificare. Insomma, ci sarebbe da riflettere e non da stracciarsi le vesti, perché effettivamente, trattandosi di cifre tali, si parla pur sempre di colpo mortale a un’azienda, cosa che potrebbe far rivedere i concetti di esecuzione diretta della condanna e facoltà del giudice senza doversi scandalizzare.

Si badi bene, non sostengo convintamente la norma, perché appunto richiede un’attenta riflessione e al momento non posso essere convinto di nulla, ma sostengo certamente la sua legittimità, almeno sotto forma di proposta di legge.

Dal lato politico, comunque, contando anche sul fatto che tale norma pare essere comparsa, così dal nulla, solo dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri, all’insaputa di tutti (tranne che di Berlusconi, evidentemente), ha fatto bene la Lega a pretenderne il ritiro dal documento della manovra economica, perché appunto si trattava di giustizia e non certo di economia.

Le vere ragioni, però, sono altre, ossia politiche. Da Pontida in poi, infatti, il partito di Bossi non può più permettersi di far ingoiare rospi al proprio elettorato, dato che qualsiasi legge nata da un’esigenza del Premier, pur se condivisibile o almeno legittima come in questo caso, passa per “legge ad-personam”, e per questa ragione ingiusta.

Doveroso, dunque, ritirare il comma “incriminato”. Ma la questione richiede attenta riflessione, senza pregiudizi di sorta.

PUNTO DI SVOLTA (sull’oggi e il domani della politica italiana).

I documenti della Procura di Milano sono ora in Parlamento, alla Giunta per le autorizzazioni a procedere, così domani, senza dubbio, potremo trovare tutto sui giornali (anche se per legge non si potrebbe): intercettazioni, teorie e quant’altro. Avendo chiesto il rito immediato, si suppone che la Procura abbia prove evidenti per sostenere le accuse (prostituzione minorile e concussione). Staremo a vedere.

Personalmente resto dell’idea che l’accusa di prostituzione minorile sia indimostrabile, mentre quella di concussione, legata alla precedente, parrebbe essersi già dimostrata infondata secondo le dichiarazioni della Questura di Milano.

Al netto di tutto questo, comunque, rimane ciò che giudiziariamente non è perseguibile ma che senza dubbio macchia (ma questa è cosa nota) Silvio Berlusconi: ovvero, le sue frequentazioni e il suo stile di vita.

E in ogni caso, siamo, questa volta pare davvero, a un punto di svolta.

Dopo 16 anni, magistrati deviati che sperperano denaro pubblico in inchieste e rilascio di intercettazioni col solo scopo politico (esponenti di una casta di intoccabili che non pagano mai le proprie colpe, come per esempio nei casi, anche recenti, di mafiosi condannati che escono dal carcere per decorrenza dei termini di presentazione delle motivazioni di condanna), Carlo De Benedetti (arci-nemico di Berlusconi, editore del Gruppo Editoriale L’Espresso / La Repubblica e tesserato PD) e una Sinistra incapace di offrire un’alternativa politica, sono riusciti a sputtanare definitivamente Berlusconi.

Ora, dunque, due sono gli scenari che si aprono all’opinione pubblica: 1. Berlusconi è un conclamato puttaniere ma non ha compiuto alcun reato / 2. Berlusconi è un conclamato puttaniere e ha compiuto il reato di prostituzione minorile. Il primo scenario è stabile e datato e, se non si trasforma nel punto 2, il Presidente del Consiglio continuerà la sua lenta discesa ma molto probabilmente non ci saranno scossoni. Il secondo scenario sarebbe inedito e ovviamente devastante (per lui e forse per l’intera alleanza ora al Governo).

In ogni caso, Berlusconi appare in declino e la sua fine, come giustamente da tempo dicono a Sinistra, è solo una questione di tempo e perciò lo stesso Premier, ora più che mai, deve rendersene conto.

Cosa faranno, allora, il Centrodestra e i suoi elettori?

Si ritorna a ciò che scrissi all’indomani dello scoppio del caso Ruby (“Stavolta Silvio l’ha fatta grossa” del 29 ottobre 2010): c’è da pensare al “dopo Berlusconi”. Che farà il Pdl? Che farà la Lega? Chi sarà il successore? Fini e Casini sapranno ereditare il consenso berlusconiano?

Non esistono risposte certe. Si sa, però, che la Lega, impersonata da Bossi (e forse ancor di più dai silenzi di Maroni) parla sempre meno di Berlusconi (non che l’abbia mai fatto molto, in verità) e sempre più di Federalismo, ovvero: “Portiamo a casa il federalismo fiscale e poi si vedrà”. Ossia: usiamo Berlusconi finché ci serve per portare a casa qualcosa di concreto (praticamente l’unica cosa concreta di cui un partito parla, ultimamente) e poi regoliamoci con la sua posizione sempre più indifendibile (politicamente, s’intende, non certo giudiziariamente, materia attorno alla quale i partiti non dovrebbero mai discutere).

Passa il federalismo fiscale, la Lega fa pressioni su Berlusconi il quale è costretto a dimettersi (a prescindere da una condanna) per chiedere le elezioni anticipate magari già con Tremonti candidato premier? Probabilmente, l’ultima parte (Tremonti candidato premier) sarà possibile solo in caso di condanna per prostituzione minorile… Ma Tremonti premier potrebbe essere la soluzione a un risultato elettorale di parità al Senato.

Resta, comunque, che senza una figura al contempo forte e “unitaria” (cioè forte sia al Nord, sia al Sud) come Berlusconi (figura che né Tremonti, né Fini, né Casini potranno mai essere), il Centrodestra e di conseguenza l’intera politica italiana (anche, dunque, se una tale figura dovesse essere trovata a Sinistra), finalmente non potranno più essere come prima: la separazione naturale Nord/Sud sarà inevitabile e in quel momento solo chi da tempo ha profetizzato (e auspicato) tale scenario saprà mostrarsi credibile e pronto.

Il sogno indipendentista è vivo più che mai.