“TIPO A” E “TIPO B” (riflessione post-referendum sulle reazioni e il rispetto delle idee altrui).

E insomma, il quorum è stato ampiamente raggiunto, i Sì hanno vinto… Ok, così il popolo ha deciso. D’altronde, “vox populi, vox dei”; è la democrazia.

Ma ovviamente non mancano le solite reazioni del cittadino “tipo A” che inneggia all’Italia quando la propria parte politica vince (parte politica intesa in senso lato, quindi non solo i partiti, come appunto nel caso dei referendum) e invece la disprezza quando perde… E del cittadino “tipo B”, che ritiene in mala fede quelli che, riferendoci specificatamente al referendum, legittimamente (ricordiamocelo) hanno esercitato un loro diritto e non sono andati a votare o hanno ritirato solo alcune delle schede.

Il discorso non è nuovo. Se alle elezioni o ai referendum vince Tizio (o i sì/no), allora l’Italia è un popolo di ignoranti plagiati, se invece vince Caio (o i sì/no), allora “l’Italia è ancora viva… Viva l’Italia”; d’altra parte, chi la pensa in un modo è bravo, giusto, onesto… Chi la pensa in un altro modo è tendenzialmente un delinquente o comunque uno stupido.

Il “tipo A” fa ridere ed è da compatire, anche perché il più delle volte non si rende nemmeno conto di quel che dice. Il “tipo B”, invece, è da prendere più sul serio. Ma a prescindere da questo, il centro della questione sta nella matrice comune dei due tipi, ossia il non rispetto di chi la pensa diversamente da sé.

Non si tratta di una questione politica, ma morale. Pensiamoci.

 

 

QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE RADIO PADANIA (sulla mancata diretta di Lucia Annunziata).

Chissà se a Radio Padania Libera saranno contenti che si parli di loro in un articolo dal titolo in romanesco… Ma si tratta del libro di Carlo Emilio Gadda (Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana, 1957). E i pasticci, a quanto pare, non si fanno solo a Roma, bensì anche a Milano (e infatti Gadda era milanese).

Ieri: In ½ ora di Lucia Annunziata deve andare in onda in diretta dagli studi di Radio Padania Libera a Milano. Così però non è. Dopo 3 giorni di contatti tra Rai e RPL, collaborazioni e tutto quello che ci vuole, alle 10 Lucia Annunziata riceve la doccia fredda: la diretta concordata non si fa più.

La trasmissione dovrebbe mandare in onda le telefonate degli ascoltatori chiamati a esprimersi in merito agli ultimi fatti di attualità politica (senza alcun filtro, come da sempre fa l’emittente – cosa peraltro discutibile)… Ma Matteo Salvini, consigliere comunale a Milano, europarlamentare e responsabile di RPL, fa improvvisamente marcia indietro e nega la diretta. Candidamente dichiara che in questo momento caratterizzato da passaggi delicati in Parlamento, la diretta è inopportuna e la Lega Nord ha deciso di evitare strumentalizzazioni.

Viva la sincerità: Salvini non si nasconde dietro un dito e ammette che il partito non vuol far sentire quegli umori presumibilmente incazzati dei propri sostenitori, dato che si sta barcamenando nella tempesta romana mentre cerca di non irritare Napolitano, paradossalmente uno dei più vicini, in questo momento, alla Lega e al federalismo.

Lucia Annunziata, giustamente, ci resta male e pur cercando, nella sua indiscussa professionalità, di limitare la polemica, alla fine “nun gne a fa ppiù” e pontifica“Che cosa succede dentro la Lega? Perché temono le opinioni a briglia sciolta dei loro elettori su una tv nazionale? Lega fatti avanti: non ti puoi permettere di censurare i tuoi stessi votanti!”.

Da buona sinistroide non manca di dare lezioni agli altri e dire loro cosa fare e in che modo, motivo per il quale potrebbe risparmiarsi tali parole… Ma aldilà di questo, il punto viene centrato: la Lega si è resa protagonista di un vero e proprio “pasticciaccio brutto”.

Salvini non è scemo e da buon leghista sa benissimo che le parole dei militanti possono essere strumentalizzate (d’altronde, lo scopo dell’Annunziata era chiaramente questo: “dimostrare” strumentalmente una spaccatura all’interno della Lega e perciò della maggioranza e bla bla bla)… Perciò non si capisce perché si sia prestato al giochetto, perdipiù dandosi la mazza sui piedi; avrebbe potuto negare la diretta fin da principio e basta, senza fare questa figuraccia.

Beh, ma forse si capisce: anche questo appare come il sintomo di un certo “doppio sentimento” all’interno del partito: chi porta pazienza e ingurgita bocconi amari pur di far passare il federalismo e chi invece non vede l’ora di “far sentire” gli incazzati.

In ogni caso, i microfoni rimangono spenti.

Forse perché nella Lega non c’è democrazia? Bella scoperta. Che la Lega Nord sia un partito “leninista” è cosa risaputa… E in fin dei conti è la sua forza. Il più delle volte riesce a lavare i panni sporchi in casa ma in alcuni casi non ce la fa proprio, rivelando il lato necessariamente illiberale di un partito che “tappa la bocca” ai “dissidenti”, o comunque tace le difficoltà.

Ma dopo tutto un partito è fatto di militanti e dirigenza. Chi l’ha detto che deve essere democratico al suo interno? Le linee politiche le detta la dirigenza, anzi, il Segretario (che nella Lega è sinonimo unico di Bossi), mica i militanti.

L’Annunziata vorrebbe un partito in balìa degli umori della militanza e dei cento capetti… Ma non c’è già un PD?


314 A 311 (sulla sconfitta di Fini, i fascisti di Sinistra e la necessità del voto).

E così, alla fine, la battaglia più importante (non ancora la guerra) l’ha vinta Berlusconi. Anzi, l’ha persa Fini: è lui, infatti, il grande sconfitto e Berlusconi non può davvero dirsi vincitore, dato che in ogni caso, con 314 voti a favore, non supera nemmeno la soglia minima per avere la maggioranza assoluta di 316 voti (questo perché i deputati sono 630 e non tutti oggi hanno votato, tra assenze e astensioni).

Questo significa 2 cose: la prima, che Fini, colui che ha creato la paralisi degli ultimi mesi e tenuto l’intero Paese sotto scacco comodamente seduto sullo scranno più alto della Camera dei Deputati, esce politicamente devastato dallo scontro ed è auspicabile che si dimetta; la seconda, che Berlusconi vince sì lo scontro personale (unico motivo, in ogni caso, che sta alla base di tutta la faccenda) ma in verità, sostanzialmente, non vince niente, poiché da un minuto dopo la 38esima fiducia incassata dal 2008 a oggi, non ha comunque una maggioranza politica solida per poter governare.

Il Governo rimane in carica, dunque. Ma fino a quando?

Ora Berlusconi può sperare in un allargamento della falla creatasi in FLI con l’abbandono della barca da parte di qualche altra “colomba” che ha maldigerito il voto di sfiducia imposto da Fini… Ma in ogni caso, anche così non si potrà andare avanti.

Apertura all’UDC? Casini ha già ri-declinato l’invito e in ogni caso la Lega non lo permetterebbe mai (e ci mancherebbe altro: impossibile accettare nella maggioranza l’unico partito che ha votato contro il federalismo fiscale).

E allora? E allora si ritorna sostanzialmente da capo, solo con un Fini molto più debole di prima, non più (almeno ufficialmente) determinante. Ma si ritorna comunque da capo, ancora appesi a 1 o 2 voti ogni volta che si dovrà votare un provvedimento.

Nel frattempo, migliaia di manifestanti (studenti, centri sociali, Black Block, “precari” e sindacalisti FIOM) usano il pretesto della riforma Gelmini per “sfiduciare il Governo dal basso assediando i palazzi del potere”, come dichiarano in uno dei loro slogan. Assedio, dunque, e petardi, bombe carta, tavoli e sgabelli rubati ai bar e prontamente lanciati (da alcuni di essi) su Palazzo Madama (sede del Senato) e Palazzo Grazioli (residenza di Berlusconi), oltre che scontri di piazza con carabinieri feriti e auto date in fiamme : delle vere e proprie azioni fasciste contro le istituzioni democratiche (come ieri contro Bonanni e Bruno Vespa).

Ecco allora che una sola cosa è necessaria: indire nuove elezioni e rivolgersi democraticamente al popolo, che saprà, si spera, dare fiducia a chi vuole le riforme e spazzare via la palude democristiana meridionalista del “tutto cambi affinché nulla cambi”.

Contro i giochi di Palazzo e le squadracce fasciste di Sinistra, infatti, c’è una sola soluzione: la democrazia.

IL METODO SANTORO-TRAVAGLIO-SAVIANO (sul non diritto di replica).

Rimaniamo sull’argomento di ieri e cioè sullo sciagurato intervento di Saviano a “Vieni via con me”: un lungo monologo sulla ‘Ndrangheta al Nord condito d’infamanti accuse a un intero partito politico, la Lega Nord. Accuse basate sul caso di Angelo Ciocca, consigliere regionale della Lega in Lombardia, fotografato in compagnia di un avvocato sospettato d’essere un capo della ‘Ndrangheta. Angelo Ciocca NON è indagato (e Saviano lo sa, tanto che lo dice), nessuna inchiesta lo riguarda… Eppure il chiacchiericcio che tanto piace a certa intellighenzia e giornalisti diventa per Saviano argomento valido per accertare la collaborazione tra ‘Ndrangheta e Lega.

Macchina del fango? Eccone un bell’esempio. Ma vabbè, cose già dette.

La novità del giorno sta nel rifiuto di Loris Mazzetti, capostruttura di RaiTre e responsabile di Vieni via con me, di ospitare la doverosa replica di Maroni.

Inutile ricordare che, a differenza di ciò che dice Mazzetti, rispondere in altre sedi informative non è la stessa cosa che rispondere nella stessa sede del monologo accusatore. Questo lo sa anche un bambino. L’unico a non saperlo sembra Mazzetti.

Ma non si era in una dittatura mediatica della maggioranza di Governo? Da quando in qua una dittatura mediatica di tale tipo prevede il rifiuto di trasmettere un faccia a faccia, e cioè prevedere un contraddittorio, all’interno di una trasmissione che di fatto è di informazione politica, a tutela di un esponente del Governo?

Ma questo, come dice Sallusti, è il metodo Santoro-Travaglio, ora Santoro-Travaglio-Saviano: monologo che “si basa su fatti” (bisogna vedere, però, quali) ma che non prevede alcun diritto di replica, regola elementare della democrazia.

Ma questi personaggi non si appellano continuamente al rispetto delle regole? Beh, certo, ma evidentemente quando non devono rispettarle loro.

Cose dell’altro mondo. Anzi, d’Italia.

GLI INTOCCABILI (sulla “dittatura mediatica” in Italia).

Lucia Annunziata, Giovanni Floris, Michele Santoro & Marco Travaglio (con Vauro), TG3, stragrande maggioranza dei giornalisti iscritti all’Usigrai (sindacato di Sinistra), Maria Luisa Busi e fino a ieri Piero Marrazzo (che comunque è ancora in Rai), Serena Dandini, Enrico Ghezzi (Blob), Milena Gabanelli (Report), Gene Gnocchi, Maurizio Costanzo e ovviamente Fabio Fazio e Roberto Saviano.

No, non è una lista di proscritti o di censurati. È la lista dei lamentosi giornalisti e “intellettuali” che popolano le reti pubbliche: RaiUno, RaiDue, RaiTre. Sono i professionisti dell’indignazione, quei paladini della Sinistra che occupa la Rai e però grida al pericolo per la democrazia, alla censura, al pensiero unico, alla dittatura mediatica berlusconiana.

Sono gli Intoccabili.

Quelli che criticarli è lesa maestà, quelli che occupano i posti per diritto divino quando non per sentenza del Tribunale del Lavoro, che si stracciano le vesti in nome del rispetto delle regole e delle regole se ne fregano quando devono rispettarle loro. Ma loro, ovviamente, possono farlo, perché loro, e loro soltanto, sono espressione della più alta libertà di parola e informazione. Gli altri sono incapaci e servi del padrone.

Questa sera, Bersani e Fini (dopo Vendola, lunedì scorso) sono ospiti di “Vieni via con me”. Anche uno stupido capirebbe che la sola motivazione del loro invito è squisitamente politica. E di parte.

E anche uno stupido saprebbe che se fosse successo il contrario, e cioè che se a una trasmissione Rai fossero stati invitati ripetutamente solo ed esclusivamente ospiti di una certa parte politica, avremmo assistito alla gran levata di scudi dei soliti intellettualoidi, del Popolo Viola, del “Popolo di Internet” (Popolo di Internet… Popolo di Internet!!! Vabbè…) e ovviamente di Di Pietro (onnipresente in Rai) e di tutta la Sinistra… Tutti in nome della difesa della libertà e contro l’okkupazione del Servizio Pubblico.

Ma d’altronde le cose così stanno e mica è una novità: basta guardare una qualsiasi puntata di Che tempo che fa per individuare l’invitato-tipo di Fazio. Certo non poteva esimersi dal farlo anche questa volta, avrebbe tradito il suo pubblico.

Sia chiaro, non è contestabile il fatto che una trasmissione che si definisce non politica (non politica… vabbè…) inviti chi vuole e in piena libertà, ci mancherebbe. E sinceramente delle ripetute sceneggiate di Masi ne abbiamo un po’ tutti le scatole piene

Ma che la si finisca di denunciare la censura, l’oscuramento e la mancanza di libertà, quando una frotta di “liberi pensatori” occupa da decenni la Rai e va sempre regolarmente in onda, tutti liberi di dire la loro, di invitare chiunque, di fare satira politica, di costruire trasmissioni accusatorie e tutto il resto.

Risparmiateci le solite lagne, le ormai stanche, noiose lagne. Risparmiatecele, per favore.