2 SÌ E PER GLI ALTRI DUE NIENTE QUORUM (all’ipocrisia si risponde con la franchezza).

Sono sempre stato dell’idea che nella vita bisogna essere franchi. E allora sarò franco: ai referendum del 12-13 giugno voterò anche (e in alcuni casi prettamente) secondo logiche politiche e d’interesse, come d’altronde politica e d’interesse (ma ipocrita) è la natura degli stessi referendum e di chi li ha promossi.

2 sì ai referendum sull’acqua… E le altre due schede (nucleare e legittimo impedimento) non le ritirerò, affinché non si raggiunga il quorum.

Piccola parentesi: dovevano essere i referendum tacciati dallo strapotere berlusconiano e quindi messi in sordina… In verità sono i più pubblicizzati di sempre, tanto che ti ritrovi i “4 sì” ovunque posi lo sguardo. In parole povere: non se ne può più.

Ma torniamo alla questione. Sì all’abrogazione della gestione privata dell’acqua e alla renumerazione in bolletta degli investimenti fatti dal gestore, e questo non certo perché “l’acqua deve essere un bene comune e non privato o privatizzato” (espressione senza senso, dato che la legge prevede la sola gestione privata di un bene che comunque rimane pubblico e perciò garantito a tutti), né perché tale scelta si riveli effettivamente migliorativa per l’utenza – giacché il sistema idrico italiano, con un facile gioco di parole, “fa acqua da tutte le parti” e la gestione privata, che ovviamente per le spese che si accollerebbe dovrebbe essere ripagata, sarebbe l’unico modo per ammodernarla e renderla efficiente – bensì perché la liberalizzazione della gestione della rete idrica comporterebbe un consistente aumento della bolletta, cosa che, permettetemi di dire, non credo in questo momento “sia nelle nostre tasche”.

Si può fare un paragone semplice: le ferrovie inglesi (private) hanno una qualità migliore di quelle italiane… Ma costano di più. Vogliamo la qualità? Si paga. Vogliamo un servizio capillare, anche se in perdita? Si paga meno… Ma anche la qualità sarà minore. Da noi, poi, diciamoci la verità, è sempre il solito discorso: la rete idrica meridionale è disastrosa (e le responsabilità sappiamo tutti di chi sono) ma quella padana è accettabile… Lascio a voi le conclusioni.

Nucleare? A prescindere dalle argomentazioni, questo referendum sarebbe da affossare solo per la mistificazione creata attorno all’energia nucleare, propagandata come l’energia della morte… Ma per favore. Argomentazioni? Non investire in energia nucleare significa anche non investire in ricerca, ed energia nucleare non vuol dire solo fissione, ma anche fusione a freddo, che porta (molta) energia pulita (http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/01/14/news/fusione_nucleare_a_freddo_a_bologna_ci_siamo_riusciti-11237521/). Altro che eolico o biomasse. Poche chiacchiere: l’energia nucleare è il futuro.

Legittimo impedimento. È una norma già prevista dal codice penale (richiesta di rinvio dell’udienza per impossibilità a comparire per cause di forza maggiore o gravi impegni particolari) che l’attuale maggioranza ha definito (in via transitoria, tra l’altro, 18 mesi in attesa di una legge costituzionale), precisamente per i ministri (e il Presidente del Consiglio è uno di questi). Praticamente, la convocazione del Consiglio dei Ministri diventa per natura “legittimo impedimento”. Embè? Che c’è di strano? Un Consiglio dei Ministri vi pare una cosa da niente?

Ma lasciando da parte il merito, sul quale si può certo discutere, che la nuova legge sul legittimo impedimento sia stata fatta su misura per Berlusconi è risaputo, mica vogliamo prenderci in giro… Ma proprio perché non vogliamo prenderci in giro, dobbiamo chiederci perché si è arrivati a questo. Due parole: accanimento giudiziario, che è lampante (il caso Ruby è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso) e profondamente ingiusto (non mi dilungherò su questo argomento già affrontato in precedenti post).

Se poi a tutto questo vogliamo aggiungere l’ipocrisa di Di Pietro e De Magistris che, promotori dei referendum, si sono avvalsi del legittimo impedimento (ma certo non quello riservato ai ministri, dato che loro vorrebbero cancellare solo quello e non, per esempio, i lavori parlamentari) per delle inchieste nelle quali erano coinvolti… E il fatto che ancora De Magistris (come altri esponenti dell’Idv e del PD) nel 2009 al Parlamento Europeo votò a favore del nucleare… Beh, che dire: a referendum prettamente politici e d’interesse, risposte anche (e per alcuni, prettamente) politiche e d’interesse.

Francamente.

INTERROGAZIONI SCONCLUSIONATE (la lingua italiana, questa sconosciuta).

A quelli del PD non dev’essere proprio andato giù il rifiuto bossiano di far cadere Berlusconi per far passare il federalismo. È sempre la solita storia: la Lega e i suoi voti, come i suoi parlamentari, fanno comodo a tutti, perciò quando può servire viene incensata e corteggiata (come Bersani qualche settimana fa), quando invece non si presta al giochetto… Giù di tutto.

Certo, Bossi se le va sempre a cercare (e lui si diverte un casino) e le sue proverbiali sparate, pur avendo tutte le carte in regola per non fare più notizia, ormai, la notizia la fanno sempre.

Oggi parliamo delle famigerate armi che lo stesso Bossi avrebbe chiesto a Gheddafi, all’epoca della secessione. Si tratta dell’ultimo delirio del Colonnello al quale il Ministro per le Riforme ha risposto nel seguente modo: «Ma vi pare. Per fortuna abbiamo tantissimi uomini e le armi si fanno in Lombardia».

La frase è naturalmente discutibile e sicuramente, come molte altre volte, Bossi avrebbe potuto risparmiarsela… Ma il punto non è questo (ché tanto già ci penseranno in molti – i soliti – a versare fiumi d’inchiostro). Il punto è che Ettore Rosato, membro dell’Ufficio di presidenza del gruppo del PD alla Camera, annuncia un’interrogazione al Ministro della Difesa, con questa motivazione: «Il governo spieghi le parole gravi di un suo esponente: Umberto Bossi ha infatti sostenuto di non aver alcun bisogno di chiedere aiuto a Gheddafi per la secessione della Padania visto che la Lega dispone di tantissimi uomini e armi, tra l’altro prodotte in Lombardia».

Evidentemente, Ettore Rosato deve aver problemi con la lingua italiana e la sua comprensione. Bossi, infatti, non ha detto di avere armi, bensì tanti uomini (e che la Lega abbia parecchi voti e sia capace di mobilitare migliaia di persone – proprio come il PD – è risaputo), aggiungendo che le armi si fanno in Lombardia (cosa altrettanto risaputa). Insomma: se proprio avesse avuto bisogno di armi (cosa ipotetica ed evidentemente iperbolica), di certo non le avrebbe chieste a Gheddafi, visto che si producono in Lombardia.

C’è da chiedersi se quelli del PD abbiano proprio così tanto tempo da perdere per chiedere inutili e sconclusionate interrogazioni parlamentari. Ma forse (forse, eh?), oltre a far firmare a Lenin e Superman insulse richieste di dimissioni di Berlusconi , è l’unica cosa che sanno fare.

QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE RADIO PADANIA (sulla mancata diretta di Lucia Annunziata).

Chissà se a Radio Padania Libera saranno contenti che si parli di loro in un articolo dal titolo in romanesco… Ma si tratta del libro di Carlo Emilio Gadda (Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana, 1957). E i pasticci, a quanto pare, non si fanno solo a Roma, bensì anche a Milano (e infatti Gadda era milanese).

Ieri: In ½ ora di Lucia Annunziata deve andare in onda in diretta dagli studi di Radio Padania Libera a Milano. Così però non è. Dopo 3 giorni di contatti tra Rai e RPL, collaborazioni e tutto quello che ci vuole, alle 10 Lucia Annunziata riceve la doccia fredda: la diretta concordata non si fa più.

La trasmissione dovrebbe mandare in onda le telefonate degli ascoltatori chiamati a esprimersi in merito agli ultimi fatti di attualità politica (senza alcun filtro, come da sempre fa l’emittente – cosa peraltro discutibile)… Ma Matteo Salvini, consigliere comunale a Milano, europarlamentare e responsabile di RPL, fa improvvisamente marcia indietro e nega la diretta. Candidamente dichiara che in questo momento caratterizzato da passaggi delicati in Parlamento, la diretta è inopportuna e la Lega Nord ha deciso di evitare strumentalizzazioni.

Viva la sincerità: Salvini non si nasconde dietro un dito e ammette che il partito non vuol far sentire quegli umori presumibilmente incazzati dei propri sostenitori, dato che si sta barcamenando nella tempesta romana mentre cerca di non irritare Napolitano, paradossalmente uno dei più vicini, in questo momento, alla Lega e al federalismo.

Lucia Annunziata, giustamente, ci resta male e pur cercando, nella sua indiscussa professionalità, di limitare la polemica, alla fine “nun gne a fa ppiù” e pontifica“Che cosa succede dentro la Lega? Perché temono le opinioni a briglia sciolta dei loro elettori su una tv nazionale? Lega fatti avanti: non ti puoi permettere di censurare i tuoi stessi votanti!”.

Da buona sinistroide non manca di dare lezioni agli altri e dire loro cosa fare e in che modo, motivo per il quale potrebbe risparmiarsi tali parole… Ma aldilà di questo, il punto viene centrato: la Lega si è resa protagonista di un vero e proprio “pasticciaccio brutto”.

Salvini non è scemo e da buon leghista sa benissimo che le parole dei militanti possono essere strumentalizzate (d’altronde, lo scopo dell’Annunziata era chiaramente questo: “dimostrare” strumentalmente una spaccatura all’interno della Lega e perciò della maggioranza e bla bla bla)… Perciò non si capisce perché si sia prestato al giochetto, perdipiù dandosi la mazza sui piedi; avrebbe potuto negare la diretta fin da principio e basta, senza fare questa figuraccia.

Beh, ma forse si capisce: anche questo appare come il sintomo di un certo “doppio sentimento” all’interno del partito: chi porta pazienza e ingurgita bocconi amari pur di far passare il federalismo e chi invece non vede l’ora di “far sentire” gli incazzati.

In ogni caso, i microfoni rimangono spenti.

Forse perché nella Lega non c’è democrazia? Bella scoperta. Che la Lega Nord sia un partito “leninista” è cosa risaputa… E in fin dei conti è la sua forza. Il più delle volte riesce a lavare i panni sporchi in casa ma in alcuni casi non ce la fa proprio, rivelando il lato necessariamente illiberale di un partito che “tappa la bocca” ai “dissidenti”, o comunque tace le difficoltà.

Ma dopo tutto un partito è fatto di militanti e dirigenza. Chi l’ha detto che deve essere democratico al suo interno? Le linee politiche le detta la dirigenza, anzi, il Segretario (che nella Lega è sinonimo unico di Bossi), mica i militanti.

L’Annunziata vorrebbe un partito in balìa degli umori della militanza e dei cento capetti… Ma non c’è già un PD?


DAI CHE CE LA FAI (verso il 6 aprile).

Ci sarebbe molto da scrivere… Ma scrivere cosa? Cose evidenti che perciò risulta inutile ribadire: Berlusconi verrà processato il 6 aprile, giudicato da un collegio di tre donne (che non vuol dire niente… ma appare alquanto suggestivo), condannato (secondo il Gip la prova è “evidente” – ma se non fosse stata tale non sarebbe stato rinviato a giudizio immediato, condizione sine qua non per concederlo), dimissionato… E quindi (si spera) si andrà a elezioni.

Il PD si è già mosso per tempo, elemosinando un’alleanza con la Lega, indispensabile a tutti per prendere voti e governare, offrendole il Federalismo (ma non c’era un federalismo da votare, 2 settimane fa? E perché il PD aveva votato “No”?).

Oggi Bersani rilascia un’intervista-sviolinata – “che nemmeno D’Alema” – a La Padania; domenica Maroni era ospite a “Che tempo che fa” da Fazio (non credo di aver mai visto, lì, un ospite che non fosse di Sinistra o comunque, almeno in un momento contingente, “anti” o in disaccordo con il Governo); qualche giorno fa Napolitano minacciava di sciogliere le Camere… non si sa in base a cosa (ma il Governo non ha ancora una maggioranza?).

Insomma, siamo alla frutta, in un Paese immobile che non cambia mai, schiavo di mille interessi diversi, senza competitività, perennemente impaludato, ostaggio di partiti nazionali che per forza di cose s’impelagheranno sempre nel peggiore meridionalismo assistenzialista

Un Paese in cui l’arroganza e l’ipocrisia sinistroide si auto-assurgono a sola vera “cultura”, mentre il Pdl è il più eloquente esempio di teatrino di marionette napoletane e Fini esalta la sua nullità.

Un Paese che perde tempo a ciarlare su 150 anni di unità nazionale di una nazione inesistente.

A quando una sana rivoluzione secessionista? Quando ci si (democraticamente) sveglierà?

TUTTO CHIARO (sulla non approvazione del federalismo municipale).

Com’era ampiamente previsto, il Terzo Polo, simbolicamente impersonato da Mario Baldassarri, finiano, che era decisivo per l’approvazione o meno del testo, ha votato contro, così il federalismo fiscale municipale non è passato.

15 a 15, ossia pareggio. Questo significa che il parere della Bicameralina non è favorevole… E ora “vediamo” cosa succederà, come dichiara Umberto Bossi.

La lunga mattinata era iniziata con un colloquio di qualche decina di minuti tra lo stesso Bossi e Fini (da soli, senza altri presenti… Chissà cosa si son detti) ma a quanto pare, il Senatur non è riuscito a ottenere nulla (che si possa sapere).

In ogni caso, la questione è chiara: PD, Idv e Terzo Polo hanno voluto dare un valore meramente politico al voto per puro opportunismo (assestare un colpo mortale a Berlusconi), fregandosene degli interessi dei cittadini, dichiarandosi contrari a un testo ampiamente condivisibile che andava incontro, come poche volte (forse mai) si è visto nella politica italiana, alle loro stesse istanze e a quelle dei Comuni (capeggiati da Chiamparino, PD).

Se ne dovranno assumere la responsabilità.

ALDILÀ DELLE CIANCE (sul federalismo fiscale).

Che sia la settimana decisiva? Il 2 febbraio, a detta di molti, si preannuncia come il giorno della verità. E non per il caso Ruby e le fregnacce al seguito, quanto per il destino del Federalismo e più precisamente del decreto attuativo del federalismo (fiscale) municipale.

È un argomento che appassiona poco, in confronto ai festini di Arcore, eppure pare essere l’unica cosa seria di cui si occupa la politica, in questo periodo. Ma probabilmente appassiona poco proprio perché è una cosa seria. Dopo tutto, è inutile raccontarsela, il gossip piccante e lo scontro a suon di chiacchiere e insulti appassiona sempre, come il circo di romana memoria, come il calcio al Bar Sport, come le zuffe tra donne.

Giovedì Annozero toccava il fondo divulgando il cellulare di Berlusconi; due giorni dopo, Libero si vendicava con la pubblicazione di quello di Santoro (grande contro-scorrettezza… Ma che goduria!); ieri sera Porta a Porta era un baillame e il capogruppo dell’Idv Donadi, apprendendo dall’ANSA che Nadia Macrì non poteva aver visto Ruby prendere soldi da Berlusconi perché non era ad Arcore gli stessi giorni della ragazza marocchina, dichiarava: “Non faremo mica un processo con le agenzie di stampa…”, dimenticandosi che è il suo sport preferito; ancora ieri sera Berlusconi interveniva telefonicamente a “L’Infedele” di Gad Lerner, spendendosi nel suo solito contrattacco difensivo e facendoci chiedere il senso di tali interventi.

Niente di nuovo sotto il sole, per carità… Ma che tristezza.

Per fortuna, comunque, le cose serie, quelle che servono, esistono ancora. Siamo tornati al Federalismo. A detta di tutti e a prescindere dall’appartenenza politica, Calderoli sta facendo un ottimo lavoro di proposizione e mediazione con l’opposizione e ora anche con l’associazione dei Comuni (Anci), cosa che fa di questa (almeno finora) l’unica riforma condivisa dal 1994  a questa parte.

Sempre che qualcuno non la butti in caciara e tatticismo politico, come da un po’ di tempo si sospetta (appello del PD alla Lega: “O fai cadere Berlusconi o niente Federalismo”. Della serie noi siamo quelli della responsabilità politica).

15 a 15: questo lo spettro che si aggira tra le aule di Montecitorio, il pareggio tra maggioranza e opposizione in Commissione Bicamerale, ovvero la bocciatura del decreto. Praticamente, il voto contrario di FLI e la dichiarazione ufficiale di becero meridionalismo anti-Lega di Fini.

Bossi lo ha già detto: o il federalismo passa o si torna al voto. Probabilmente un’eventuale crisi non sarà così automatica… In ogni caso, la questione esiste: ciascuno è libero di ciarlare delle frequentazioni di Berlusconi ma quando si parla di cose serie, si parla di cose serie.

Uomo avvisato…

PUNTO DI SVOLTA (sull’oggi e il domani della politica italiana).

I documenti della Procura di Milano sono ora in Parlamento, alla Giunta per le autorizzazioni a procedere, così domani, senza dubbio, potremo trovare tutto sui giornali (anche se per legge non si potrebbe): intercettazioni, teorie e quant’altro. Avendo chiesto il rito immediato, si suppone che la Procura abbia prove evidenti per sostenere le accuse (prostituzione minorile e concussione). Staremo a vedere.

Personalmente resto dell’idea che l’accusa di prostituzione minorile sia indimostrabile, mentre quella di concussione, legata alla precedente, parrebbe essersi già dimostrata infondata secondo le dichiarazioni della Questura di Milano.

Al netto di tutto questo, comunque, rimane ciò che giudiziariamente non è perseguibile ma che senza dubbio macchia (ma questa è cosa nota) Silvio Berlusconi: ovvero, le sue frequentazioni e il suo stile di vita.

E in ogni caso, siamo, questa volta pare davvero, a un punto di svolta.

Dopo 16 anni, magistrati deviati che sperperano denaro pubblico in inchieste e rilascio di intercettazioni col solo scopo politico (esponenti di una casta di intoccabili che non pagano mai le proprie colpe, come per esempio nei casi, anche recenti, di mafiosi condannati che escono dal carcere per decorrenza dei termini di presentazione delle motivazioni di condanna), Carlo De Benedetti (arci-nemico di Berlusconi, editore del Gruppo Editoriale L’Espresso / La Repubblica e tesserato PD) e una Sinistra incapace di offrire un’alternativa politica, sono riusciti a sputtanare definitivamente Berlusconi.

Ora, dunque, due sono gli scenari che si aprono all’opinione pubblica: 1. Berlusconi è un conclamato puttaniere ma non ha compiuto alcun reato / 2. Berlusconi è un conclamato puttaniere e ha compiuto il reato di prostituzione minorile. Il primo scenario è stabile e datato e, se non si trasforma nel punto 2, il Presidente del Consiglio continuerà la sua lenta discesa ma molto probabilmente non ci saranno scossoni. Il secondo scenario sarebbe inedito e ovviamente devastante (per lui e forse per l’intera alleanza ora al Governo).

In ogni caso, Berlusconi appare in declino e la sua fine, come giustamente da tempo dicono a Sinistra, è solo una questione di tempo e perciò lo stesso Premier, ora più che mai, deve rendersene conto.

Cosa faranno, allora, il Centrodestra e i suoi elettori?

Si ritorna a ciò che scrissi all’indomani dello scoppio del caso Ruby (“Stavolta Silvio l’ha fatta grossa” del 29 ottobre 2010): c’è da pensare al “dopo Berlusconi”. Che farà il Pdl? Che farà la Lega? Chi sarà il successore? Fini e Casini sapranno ereditare il consenso berlusconiano?

Non esistono risposte certe. Si sa, però, che la Lega, impersonata da Bossi (e forse ancor di più dai silenzi di Maroni) parla sempre meno di Berlusconi (non che l’abbia mai fatto molto, in verità) e sempre più di Federalismo, ovvero: “Portiamo a casa il federalismo fiscale e poi si vedrà”. Ossia: usiamo Berlusconi finché ci serve per portare a casa qualcosa di concreto (praticamente l’unica cosa concreta di cui un partito parla, ultimamente) e poi regoliamoci con la sua posizione sempre più indifendibile (politicamente, s’intende, non certo giudiziariamente, materia attorno alla quale i partiti non dovrebbero mai discutere).

Passa il federalismo fiscale, la Lega fa pressioni su Berlusconi il quale è costretto a dimettersi (a prescindere da una condanna) per chiedere le elezioni anticipate magari già con Tremonti candidato premier? Probabilmente, l’ultima parte (Tremonti candidato premier) sarà possibile solo in caso di condanna per prostituzione minorile… Ma Tremonti premier potrebbe essere la soluzione a un risultato elettorale di parità al Senato.

Resta, comunque, che senza una figura al contempo forte e “unitaria” (cioè forte sia al Nord, sia al Sud) come Berlusconi (figura che né Tremonti, né Fini, né Casini potranno mai essere), il Centrodestra e di conseguenza l’intera politica italiana (anche, dunque, se una tale figura dovesse essere trovata a Sinistra), finalmente non potranno più essere come prima: la separazione naturale Nord/Sud sarà inevitabile e in quel momento solo chi da tempo ha profetizzato (e auspicato) tale scenario saprà mostrarsi credibile e pronto.

Il sogno indipendentista è vivo più che mai.

LIBERI TUTTI (sull’impunità dei fascisti di Sinistra).

Meno male che si sarebbe in una dittatura berlusconiana in cui la libertà è costantemente in pericolo. Beh, non certo quella dei teppisti, a quanto pare. La libertà di devastare una città, di compiere inaudite violenze, distruggere vetrine, incendiare mezzi della Guardia di Finanza, lanciare bombe carta, aggredire poliziotti e rubare loro manette e manganelli… La libertà di poter fare le stesse cose, il giorno dopo, impuniti.

Meno male che con i vari decreti sicurezza si gridava allo Stato poliziotto, meno male che il dissenso in questo Paese non era più tollerato… Meno male.

La verità è che in questo ridicolissimo Paese le Forze dell’Ordine arrestano i teppisti in flagranza di reato e i magistrati meno di ventiquattro ore dopo rilasciano tutti… Con tanti saluti alla tanto evocata legalità.

Più di quaranta fermi, un solo arresto confermato (aspettiamoci, comunque, la prossima liberazione). E il PD accusa Maroni di aver fatto infiltrare poliziotti provocatori. Questa è la dittatura berlusconiana.

Per carità, non conosciamo le dinamiche esatte di ciascun caso e sicuramente tra i fermati ci sarà qualcuno preso ingiustamente dal mucchio, i giudici servono a questo, a fare chiarezza e convalidare l’arresto solo per i casi in qualche modo accertati… Ma, delle due, l’una: o abbiamo una Polizia che non sa fare il proprio mestiere o quei giudici se ne fregano della loro tanto amata legalità… Purché non si parli di Qualcuno, s’intende.

In ogni caso, aldilà della specifica contingenza, due cose, lampanti, si stagliano nel firmamento della dittatura berlusconiana: l’impunità per i fascisti di Sinistra e l’indecenza di chi s’indigna solo quando fa comodo.

Quando impareranno a vergognarsi?

DEVASTAZIONI: COLPA DEI BLACK BLOCK? NO, DI MARONI (sui deliri di Anna Finocchiaro).

Siamo davvero arrivati all’inimmaginabile. O meglio, all’immaginabile solo da chi ha la mente condizionata da un solo, grande tarlo: “La colpa è sempre del Governo”. Siamo arrivati al ridicolo più ridicolo, se non fosse da piangere. Siamo arrivati alle accuse alla Polizia di aver provocato, con degli infiltrati, gli incidenti di lunedì a Roma.

Insomma, la devastazione non è colpa di 2000 (e non 20) delinquenti, ignoranti come capre, teppisti, criminali, fascisti di Sinistra, tra l’altro ben organizzati e provenienti da tutta Italia e dall’estero… No, la colpa è del Governo, più specificatamente del Ministro dell’Interno Roberto Maroni.

Anna Finocchiaro, capogruppo al Senato del PD (e non un’esponente di qualche centro sociale), accusa senza tanti giri di parole il miglior ministro dell’Interno che questo ridicolo Paese abbia mai avuto e gli chiede di riferire in aula… Robe dell’altro mondo.

La Finocchiaro si chiede chi ha mandato gli infiltrati, chi li ha pagati, chi li ha coordinati.

Perché, invece, non si chiede chi ha portato questi imbecilli, negli ultimi 15 anni, a pensare quello che “pensano”? Chi li ha istigati a odiare l’avversario politico? Chi li ha portati a identificare Berlusconi e la Lega nel Male Assoluto e in qualcuno/qualcosa da eliminare a tutti i costi?

Chi è il mandante morale di questi fascisti? Chi ha educato questi cialtroni criminali? Qual è la loro ideologia politica?

Forse Anna Finocchiaro dovrebbe farsi queste domande, invece di buttare ulteriore benzina sul fuoco e alimentare la continua cultura del sospetto e dell’odio verso il Governo, Maroni e la Lega.

Forse.

ARRANGIARCI? CERTO, COME SEMPRE (risposta all’editoriale di Peppino Caldarola sul Riformista).

Come tutte le mattine, anche oggi, in viaggio per venire al lavoro, ascolto la rassegna stampa di Radio24. E che ti sento? Uno stralcio dell’editoriale di Peppino Caldarola sul Riformista.

Il giornalista barese, ex deputato PD, più o meno così scrive (non è un virgolettato fedele): “Cari Veneti, da meridionale mi verrebbe da dire <<Arrangiatevi!>>. Perché voi, ogni volta che c’è un disastro come il vostro al Sud, ci ricoprite d’insulti e scritte come <<Forza Etna>> (…). Ma ora anche voi siete come noi, ora anche voi chiedete l’aiuto e i soldi dello Stato, ora anche voi avete bisogno dell’Italia. Sì, mi verrebbe da dirvi <Arrangiatevi!>>… Ma non ho cuore per farlo. Tutto questo condito, ovviamente, di critiche a Zaia e alla Lega.

Insomma, Peppino è tanto buono… E non ha cuore di dirci “arrangiatevi”. Ma che bravo.

Il fatto è, però, caro Peppino, che dimentichi 2-3 cose: la prima, che noi Veneti, probabilmente, saremo anche quelli che s’incazzano, ma siamo anche sempre i primi a partire come volontari nelle zone disastrate e comunque a PAGARE, con le nostre tasse, gli aiuti e le ricostruzioni farlocche tipo Irpinia; la seconda, che se anche chiediamo i soldi allo Stato, di fatto lo Stato ci darà i NOSTRI soldi (il Veneto, infatti, come tutto il Nord, riceve dallo Stato molto meno di quello che dà), non certo quelli dei Pugliesi ; terzo, che a riprova di ciò, proprio Zaia ha proposto di trattenere, come risarcimento a popolazioni e imprese, l’acconto Irpef delle NOSTRE tasse, quelle pagate in Veneto. Quindi, non “Datece li sordi”, ma “Fene pagar coi NOSTRI schei”.

Perciò, caro Peppino, usando la tua stessa generalizzazione, non siamo proprio come voi. No davvero. Dicci pure “arrangiatevi”, perché effettivamente così faremo.

Come sempre.