SPARISCE IL COMMA “AMMAZZA-BLOG”, VINCE LA DISINFORMAZIONE.

Saran contenti i blogger lamentosi, pare che il famigerato comma “ammazza-blog” (solita sciagurata denominazione) sparisca, almeno per quanto riguarderà, appunto, i blog. L’equiparazione tra testate giornalistiche e siti amatoriali non ci sarà, quindi solo le testate online registrate come siti d’informazione avranno l’obbligo di rettifica entro 48 ore, pena la multa.

Ha vinto, dunque, il Popolo Viola, ha vinto la sua inutile battaglia-sceneggiata Wikipedia e han vinto (ma poi bisognerà vedere effettivamente cosa dirà il ddl modificato) i blogger con la bava alla bocca che devono sempre sparare m…a in faccia a chi non la pensa come loro e vogliono vivere in un’anarchia digitale fatta di invettive, diffamazioni, sputtanamenti perenni (tutto, in Rete, è eterno), false notizie (vi ricordo ancora la catena di sant’Antonio sulla presunta legge salva-pedofili) e parole in libertà.

Ma d’altronde l’Italia è il paese delle chiacchiere, delle lamentele, delle diffamazioni e degli impuniti… Non poteva che finire così.

Auguri.

 

 

LA CASTA? SIAMO TUTTI NOI (su chi si lamenta della politica ma che grazie alla politica campa).

Capisco, naturalmente, ma fino a un certo punto, la generale indignazione per i mancati tagli alla politica.

Sì, perché 5 anni fa fummo chiamati a confermare (o bocciare –  ciò che poi successe) con un referendum una legge costituzionale già approvata dal Parlamento che tra le altre belle e sacrosante cose (Senato Federale, Devolution e maggiori poteri al premier) prevedeva anche un radicale taglio del numero dei parlamentari (la stessa riforma che in parte ora è tornata d’attualità con la presentazione, ieri, in Consiglio dei Ministri, della cosiddetta “bozza Calderoli”) e perciò dei costi della politica.

Quella fu una grandissima occasione che il popolo italiano VOLLE mancare. Sicché mi chiedo: di chi è la responsabilità?

Sì, perché l’Italia è il Paese dei privilegi, certo, dei raccomandati e delle caste… Ma è anche e soprattutto il Paese dei piagnoni, delle lamentele, delle colpe che sono sempre degli altri e di chi non si vuole mai prendere le responsabilità delle proprie azioni.

È il Paese, poi, di chi la politica la disprezza ma poi grazie alla politica campa da 60 anni, “lavorando” nei vari enti statali e locali paradiso dei fannulloni e pieni di addetti assunti in base a un rapporto clientelare. Il Paese di chi appunto disprezza la “casta” con i suoi privilegi ma guai a toccare il suo posto di lavoro inefficiente e inutile a carico della collettività (vogliamo le ricordare le centinaia di migliaia dipendenti regionali siciliani, forestali calabresi e i tanti che devono ringraziare la DC anche in Veneto? E poi i baby pensionati, i milioni di dipendenti della scuola e via dicendo…).

Il fatto è che tutti, in Italia, devono fare i conti con la coscienza, perché pochi si salvano.

 

 

L’INCONSISTENTE USCITA DI MARONI (sulla Nato che dovrebbe bloccare i barconi di profughi).

Con tutta la stima che ho di Roberto Maroni… L’ultima sulle navi della Nato che dovrebbero bloccare, oltre che le merci in ingresso (ciò che già fanno), anche i barconi di immigrati in uscita dalla Libia, pare proprio essere un’inconsistente quanto inopportuna sortita pre-Pontida dal mero valore politico, più che una fattibile proposta.

Perché certamente la Nato non si assumerebbe mai la responsabilità di fermare quelli che, in fin dei conti, sono profughi (anche se non solo) di guerra tutelati da precisi accordi internazionali.

Non che la proposta di Maroni sia del tutto sbagliata, quanto al merito, d’altronde i profughi provenienti dalla Libia sono mandati apposta da Gheddafi che li usa come arma contro l’Italia, rea, secondo lui, di averlo tradito. Perciò potrebbe trattarsi di una (seppur “sui generis”) temporanea azione militare di difesa.  Ma appunto la fattibilità (che non è sinonimo di giustizia) appare minima se non nulla.

Insomma, certo, i barconi che arrivano dalla Libia non sono pieni solo di profughi di guerra, bensì anche di clandestini di altri Paesi e, con tutta la delicatezza che l’argomento impone, si possono, almeno in parte, anche definire “armi” (pregasi leggere il termine senza pregiudiziale indignazione), e dalle armi, qualunque esse siano, ci si deve difendere.

Tra l’altro,  l‘Onu potrebbe costruire campi profughi nella Libia “liberata” (posto dove, appunto, le navi della Nato potrebbero portare i profughi dei barconi)…  Ma allo stato attuale questa è fantapolitica (che non è sinonimo di sciocchezza).

Maroni ha parlato in veste di Ministro… Ma il suo è un discorso da esponente politico di un partito, la Lega, che sta cercando di recuperare quella parte di consenso che ha perso alle ultime amministrative.

C’è da chiedersi se non avrebbe fatto meglio delegare la proposta a un non-ministro… Che ne so, al capogruppo alla Camera…

 

 

 

“TIPO A” E “TIPO B” (riflessione post-referendum sulle reazioni e il rispetto delle idee altrui).

E insomma, il quorum è stato ampiamente raggiunto, i Sì hanno vinto… Ok, così il popolo ha deciso. D’altronde, “vox populi, vox dei”; è la democrazia.

Ma ovviamente non mancano le solite reazioni del cittadino “tipo A” che inneggia all’Italia quando la propria parte politica vince (parte politica intesa in senso lato, quindi non solo i partiti, come appunto nel caso dei referendum) e invece la disprezza quando perde… E del cittadino “tipo B”, che ritiene in mala fede quelli che, riferendoci specificatamente al referendum, legittimamente (ricordiamocelo) hanno esercitato un loro diritto e non sono andati a votare o hanno ritirato solo alcune delle schede.

Il discorso non è nuovo. Se alle elezioni o ai referendum vince Tizio (o i sì/no), allora l’Italia è un popolo di ignoranti plagiati, se invece vince Caio (o i sì/no), allora “l’Italia è ancora viva… Viva l’Italia”; d’altra parte, chi la pensa in un modo è bravo, giusto, onesto… Chi la pensa in un altro modo è tendenzialmente un delinquente o comunque uno stupido.

Il “tipo A” fa ridere ed è da compatire, anche perché il più delle volte non si rende nemmeno conto di quel che dice. Il “tipo B”, invece, è da prendere più sul serio. Ma a prescindere da questo, il centro della questione sta nella matrice comune dei due tipi, ossia il non rispetto di chi la pensa diversamente da sé.

Non si tratta di una questione politica, ma morale. Pensiamoci.

 

 

SEMPLICE, VELOCE, INDOLORE (una soluzione per il caso Battisti).

Son passati già due giorni e ancora non è successo quello che dovrebbe succedere. Ossia una “misteriosa” sparizione in Brasile e un “fortuito” ritrovamento in Italia. Di cosa stiamo parlando? Beh, di chi stiamo parlando, casomai. È presto detto: di Cesare Battisti.

L’Italia si è resa ridicola per l’ennesima volta di fronte agli occhi del mondo intero e non per le puttanate di Berlusconi… Ma per cose serie, ossia l’incapacità di farsi rispettare e far rispettare la propria democrazia e il proprio sistema giuridico da un Paese che fino a ieri era una dittatura. Robe da matti.

Cesare Battisti, terrorista rosso condannato in via definitiva per 4 omicidi è libero di spassarsela tra samba e caipirinha, alla faccia delle vittime e dei parenti ancora in attesa di giustizia (che probabilmente non avranno mai).

Saranno contenti quegli “intellettuali” di sinistra italiani e francesi che nel 2004 firmarono (vedi qui) affinché la Francia lo liberasse da una breve incarcerazione dopo anni e anni di libertà protetta dalla cosiddetta “dottrina Mitterrand” e che lodano o denigrano la Giustizia e la Magistratura italiana a seconda di chi da queste viene beneficiato o danneggiato (avversari versus loro stessi o loro amici).

Alcuni nomi? Tiziano Scarpa, scrittore, Paolo Cento, politico (Sinistra Ecologia e Libertà, il partito di Vendola) e Roberto Saviano, che nel 2009, raggiunta la fama con Gomorra, si affrettò a ritirare la firma “in rispetto delle vittime”. Ma per favore…

Son passati due giorni, si diceva, e ancora non è successo quello che ci si aspetta dai nostri Servizi Segreti. Una cosa molto semplice, veloce e indolore: sparizione dell’assassino e fortuito ritrovamento della Polizia nei pressi dell’aeroporto di Fiumicino.

E dentro, in galera.

CANALE 150 (sul patriottismo fasullo di Antenna 3 e il più insulso degli anniversari).

Basta, non se ne può più. Tutte le sere il solito servizio sull’esposizione del Tricolore e sui 150 anni dell’Unità… Antenna 3 Nordest, con il suo YouTg Unità d’Italia, ha rotto. Basta, per favore, risparmiateci questo patriottismo fasullo, questa logora retorica patriottarda, questo inno di (F)ameli(ci) sparato a tutto volume, questa bandiera riproposta in tutte le salse. Ci manca solo che vi facciate spostare le frequenze sul canale 150 del digitale terrestre.

A chi sperava che la Rai fosse abbastanza, la brutta notizia era arrivata già a inizio anno, se non alla fine dello scorso: anche la trevigiana Antenna 3 (ma forse proprio perché trevigiana, quindi “più in dovere” degli altri di dimostrare il proprio patriottismo di ricorrenza per non essere accusata di eresia leghista) si unisce al coro degli “italianisti” da strapazzo, quelli che si ricordano dell’Italia solo alle partite e devono inventarsi un insulso anniversario per “farla pagare” a chi pensa che un Paese che dopo 150 anni di unità non è ancora unito, forse (forse, eh?) era meglio non unirlo.

150 anni. Centocinquant’anni!!! Ma si è mai visto un anniversario più assurdo? Non 100, non 200… 150! Robe da matti.

Più di un anno (hanno cominciato nel 2010 perché non sapevano come spendere inutili quattrini) di festeggiamenti inventati così, senza un motivo reale se non quello di contrastare chi l’unità non l’ha mai digerita (sì, stiamo parlando della Lega).

Inutile dire che, se non ci fosse la Lega, questo centocinquantesimo dell’unità d’Italia non si celebrerebbe, semplicemente perché non lo sente davvero nessuno e appunto perché ogni logica di anniversario lo escluderebbe.

Ma questa è l’ItaliaFesteggiatela pure, io non ci riesco.

 

P.S.: Sì, ho messo la foto di Melita Toniolo solo per catturare la vostra attenzione.

 

 

FEDERALISMO MUNICIPALE, FINALMENTE (luci e ombre di una giusta legge).

E così il federalismo municipale è legge. Inutile dire che si tratta di una rivoluzione fiscale senza precedenti che trasforma completamente il modo in cui i comuni si finanzieranno (e si auto-finanzieranno). Non si tratta certo del compimento della grande riforma federale (che, certo, di veramente federale ha poco, il federalismo è ben altra cosa), poiché, come dice Bossi, il bello deve ancora venire (federalismo fiscale regionale e provinciale)… Ma in ogni caso un altro tassello è stato messo al proprio posto.

Si alzeranno le tasse? Tema controverso. La possibilità di alzare l’addizionale comunale Irpef fino a un massimo dello 0,4% (per arrivare – credo ma non ne sono sicuro – allo 0,9%, poiché il massimo attuale è 0,5%), l’introduzione della “tassa di scopo” per finanziare eventuali opere all’interno del comune e della tassa di soggiorno (fino a un massimo di 5 euro a notte) per i turisti di città capoluogo, città d’arte e comuni turistici inducono a pensare di sì.

In realtà, il calcolo non è così semplice, poiché, sebbene la tassa di soggiorno sembri essere obbligatoria ed effettivamente abbastanza odiosa – pur lasciando la facoltà di chiedere anche solo 1 euro (per esempio) e non 5 – le prime 2 imposte saranno facoltative (e andrà da sé che i sindaci che le vorranno attuare ne risponderanno di fronte ai propri cittadini, i quali appunto sapranno se rieleggerli oppure no).

Facile la replica: “I comuni sono troppo alle strette per permettersi il lusso di non applicare gli aumenti” ma c’è da considerare che la riforma prevede la compartecipazione al 50% degli stessi comuni nelle (inasprite) sanzioni sull’evasione fiscale sui redditi da locazione (cioè sugli immobili e sugli affitti), cosa che li renderà interessati a far emergere i cosiddetti “immobili fantasma”. E questo cosa significa, in parole povere? Che i comuni potranno evitare di alzare l’addizionale Irpef e recuperare denaro con una più efficiente lotta all’evasione.

Un’altra buona notizia, poi, riguarda la nuova tassazione sugli affitti (la cosiddetta cedolare secca) ai proprietari che prevederà un’aliquota unica del 21% (e non dunque, com’è adesso, quella del proprio scaglione Irpef che, a seconda del reddito, è 23%, 27%, 38%, 41% o 43%). Si calcola che ne guadagneranno in tanti (tutti coloro che dichiarano un reddito superiore ai 15.000 euro annui), mentre non ci perderà nessuno, anche perché chi vorrà – nel caso gli convenga, è ovvio – potrà scegliere di continuare a pagare secondo la logica attuale.

Tutto questo non basterà? Probabile. Ma è qui che entrano in campo i famosi “costi standard”: i trasferimenti dello Stato centrale agli enti locali si baseranno su un massimo di spesa che questi potranno permettersi (cioè: se il comune X deve comprare una penna, non potrà spendere più di quanto non spenda il “comune virtuoso” Y, altrimenti si arrangia, lo Stato non pagherà la differenza). In questo modo, finalmente, gli enti locali saranno responsabilizzati, così da finirla una volta per tutte con gli sprechi prontamente ripianati dallo Stato, e cioè da Pantalone.

E allora? E allora, a quel punto, le spese statali diminuiranno e finalmente le tasse nazionali (l’Irpef, per esempio) potranno calare (oltre ad avere benefici sul debito pubblico).

Certo, tutto questo sarà da vedere… Perciò, “aumento sì” o “aumento no” – anzi, “meno tasse per tutti”? Difficile a dirsi, la materia è molto complicata e ci vorranno anni prima che vada a regime. Tutto questo per dire che ora come ora non si può essere né assolutamente entusiasti, né tragicamente pessimisti, come già a Sinistra (ovviamente) sono.

La cosa importante e positiva, comunque, è che finalmente si comincerà ad avere un fisco più giusto e federale (nel senso che ogni comune avrà una buona fonte di auto-finanziamento con, di conseguenza, maggiore coinvolgimento politico-economico), oltre che una strabenedetta responsabilizzazione degli enti locali, con la (speriamo) fine di molti sprechi.

Bossi dice che è una buona legge. Forse, più che buona, è sostanzialmente giusta. Insomma, non sarà la manna dal Cielo… Ma ricordiamoci, siamo pur sempre nella (stramaledetta) Italia.

DAI CHE CE LA FAI (verso il 6 aprile).

Ci sarebbe molto da scrivere… Ma scrivere cosa? Cose evidenti che perciò risulta inutile ribadire: Berlusconi verrà processato il 6 aprile, giudicato da un collegio di tre donne (che non vuol dire niente… ma appare alquanto suggestivo), condannato (secondo il Gip la prova è “evidente” – ma se non fosse stata tale non sarebbe stato rinviato a giudizio immediato, condizione sine qua non per concederlo), dimissionato… E quindi (si spera) si andrà a elezioni.

Il PD si è già mosso per tempo, elemosinando un’alleanza con la Lega, indispensabile a tutti per prendere voti e governare, offrendole il Federalismo (ma non c’era un federalismo da votare, 2 settimane fa? E perché il PD aveva votato “No”?).

Oggi Bersani rilascia un’intervista-sviolinata – “che nemmeno D’Alema” – a La Padania; domenica Maroni era ospite a “Che tempo che fa” da Fazio (non credo di aver mai visto, lì, un ospite che non fosse di Sinistra o comunque, almeno in un momento contingente, “anti” o in disaccordo con il Governo); qualche giorno fa Napolitano minacciava di sciogliere le Camere… non si sa in base a cosa (ma il Governo non ha ancora una maggioranza?).

Insomma, siamo alla frutta, in un Paese immobile che non cambia mai, schiavo di mille interessi diversi, senza competitività, perennemente impaludato, ostaggio di partiti nazionali che per forza di cose s’impelagheranno sempre nel peggiore meridionalismo assistenzialista

Un Paese in cui l’arroganza e l’ipocrisia sinistroide si auto-assurgono a sola vera “cultura”, mentre il Pdl è il più eloquente esempio di teatrino di marionette napoletane e Fini esalta la sua nullità.

Un Paese che perde tempo a ciarlare su 150 anni di unità nazionale di una nazione inesistente.

A quando una sana rivoluzione secessionista? Quando ci si (democraticamente) sveglierà?

ITALIOZIE (sull’abrogazione del decreto che annetteva il Veneto all’Italia).

L’Italia sembra il Paese delle comiche. Infinite comiche. L’ultima arriva direttamente da Venezia, in particolare dall’ex Procuratore Generale del capoluogo veneto, tale Ennio Fortuna, ora esponente dell’Udc e Veneto D.O.C. (è di Frosinone), che accusa Calderoli di aver abrogato il Regio Decreto 3300 del 4 novembre 1866 che istituiva l’annessione del Veneto al Regno d’Italia.

Gravità inaudita!

Risponde il Ministro: “Non è stato abrogato per errore, è stato abrogato perché superato dalla Costituzione che all’articolo 131 costituisce tutte le Regioni d’Italia, Veneto compreso” (tale articolo, infatti, cita espressamente le Regioni che compongono la Repubblica).

Tutto chiaro? Figurarsi. In soccorso del Fortuna arriva il compagno Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale e candidato alle ultime primarie del Centrosinistra a Milano che un contorto quanto “geniale” ragionamento dichiara: “La confusione è a monte e nasce dal modo in cui è stato concepito il decreto per tagliare le leggi. Se il Regio Decreto che annetteva il Veneto al Regno d’Italia era inutile perché superato dalla Costituzione non aveva senso abrogarlo visto che non era in contrasto con nessuna norma. Con l’abrogazione invece si solleva la questione se serva o meno. Comunque non ci saranno conseguenze”.

E meno male (beh, in verità, purtroppo) che non ci saranno conseguenze… Ma allora perché lanciare quest’insulsa polemica?

 


EVIDENZE.

Evidenza 1: la casa di Montecarlo è stata venduta a un valore 4 volte più basso del valore di mercato ma di questo la Procura di Roma se ne frega.

Evidenza 2: la casa è di Tulliani e la Procura di Roma se ne frega ancora.

Evidenza 3: per quanto aveva inequivocabilmente annunciato, Fini dovrebbe dimettersi. Ma non lo fa.

Evidenza 4: quando l’indagato si chiama Fini, nessuno sa niente finché la Procura non chiede l’archiviazione. Quando si chiama Berlusconi lo sa il mondo intero nel giro di poche ore con dovizia di particolari.

Evidenza 5: i magistrati passano continuamente, andando contro il codice di procedura penale, documenti coperti da segreto istruttorio a certi giornalisti che, pubblicandoli, violano il codice penale.

Evidenza 6: nessun appartenente alla casta togata viene mai perseguito per tali abusi, a meno che non sia un consigliere laico del CSM di area Lega, e così è per i giornalisti, a meno che non siano de Il Giornale. Stiamo parlando della novità di giornata: per la storia degli amori clandestini di Ilda Boccassini sono state perquisite le case di Matteo Brigandì, ex deputato della Lega Nord, ora consigliere laico del CSM, e di Anna Maria Greco, cronista de Il Giornale.

Evidenza 7: le toghe politicizzate esistono e hanno un potere immenso.

Evidenza 8: negare il punto 7 è ridicolo.

Evidenza 9: qualcuno commenterà a questo post con altrettante evidenze anti-berlusconiane, anti-Lega o anti-sottoscritto.

Evidenza 10: chissenefrega.