FATECE DIFFAMÀ, SEMO BLOGGER (sulla nuova, ridicola protesta del Popolo Viola).

I partigiani (dei miei stivali) son tornati. Sono i blogger o presunti tali (praticamente il cosiddetto Popolo Viola. Oddio… Vabbè) che protestano per la proposta di legge che equiparerebbe, in qualche modo, i blog alle testate giornalistiche. Praticamente, li obbligherebbe a ospitare rettifiche da parte di chi le dovesse richiedere.

Sono (molto modestamente) un blogger anch’io. E mi chiedo: “Embè, dov’è il problema?”. Ospitare entro 48 ore una rettifica, pena una (forte) multa mi pare il minimo, di fronte, per esempio, all’evidente enorme potenziale distruttivo di una notizia falsa o diffamante diffusa sul web, e cioè alla portata d’infinite persone e per sempre.

Scrivere su Internet, amici miei, non è come chiacchierare al bar. Non è come appiccicare un foglietto sulla colonna di una piazza che alla prima folata di vento se ne va. Pubblicare qualcosa su Internet è lasciare uno scritto imperituro e leggibile, il più delle volte, da tutti.

I blog sono giocoforza equiparabili alle testate giornalistiche, le quali, appunto, già ora devono sottostare a specifiche norme di tutela della privacy, di giusta informazione (intesa come divieto di pubblicazione di notizie false) e di non diffamazione (che poi quotidianamente, almeno in Italia, le testate giornalistiche non si attengano alla Legge è un altro discorso). Non so a voi… Ma a me pare una cosa evidente.

Ovviamente, poi, non c’entra nulla la libertà di stampa, pensiero, parola ed espressione. La libertà di parola non è e non può essere la libertà di diffamazione (ricordate la solita bufala che ogni tanto torna fuori riguardo alla fantomatica legge salva-pedofili?) e ospitare una rettifica è solo una questione di rispetto, correttezza e questa volta sì, di libertà. Quella di replica.

Legge-bavaglio? Ma per favore.

 

 

IL METODO SANTORO-TRAVAGLIO-SAVIANO (sul non diritto di replica).

Rimaniamo sull’argomento di ieri e cioè sullo sciagurato intervento di Saviano a “Vieni via con me”: un lungo monologo sulla ‘Ndrangheta al Nord condito d’infamanti accuse a un intero partito politico, la Lega Nord. Accuse basate sul caso di Angelo Ciocca, consigliere regionale della Lega in Lombardia, fotografato in compagnia di un avvocato sospettato d’essere un capo della ‘Ndrangheta. Angelo Ciocca NON è indagato (e Saviano lo sa, tanto che lo dice), nessuna inchiesta lo riguarda… Eppure il chiacchiericcio che tanto piace a certa intellighenzia e giornalisti diventa per Saviano argomento valido per accertare la collaborazione tra ‘Ndrangheta e Lega.

Macchina del fango? Eccone un bell’esempio. Ma vabbè, cose già dette.

La novità del giorno sta nel rifiuto di Loris Mazzetti, capostruttura di RaiTre e responsabile di Vieni via con me, di ospitare la doverosa replica di Maroni.

Inutile ricordare che, a differenza di ciò che dice Mazzetti, rispondere in altre sedi informative non è la stessa cosa che rispondere nella stessa sede del monologo accusatore. Questo lo sa anche un bambino. L’unico a non saperlo sembra Mazzetti.

Ma non si era in una dittatura mediatica della maggioranza di Governo? Da quando in qua una dittatura mediatica di tale tipo prevede il rifiuto di trasmettere un faccia a faccia, e cioè prevedere un contraddittorio, all’interno di una trasmissione che di fatto è di informazione politica, a tutela di un esponente del Governo?

Ma questo, come dice Sallusti, è il metodo Santoro-Travaglio, ora Santoro-Travaglio-Saviano: monologo che “si basa su fatti” (bisogna vedere, però, quali) ma che non prevede alcun diritto di replica, regola elementare della democrazia.

Ma questi personaggi non si appellano continuamente al rispetto delle regole? Beh, certo, ma evidentemente quando non devono rispettarle loro.

Cose dell’altro mondo. Anzi, d’Italia.